
Appuntamento stasera alle 21 con Danilo Rea in piazza Landino a Pratovecchio
Questa sera alle 21 in piazza Landino a Pratovecchio arriva Danilo Rea con Sakamoto & Me, un omaggio intimo e visionario al grande compositore giapponese Ryuichi Sakamoto. Tra gli appuntamenti più attesi di Aspettando Naturalmente Pianoforte, è un viaggio tra pianoforte, elettronica e improvvisazione, con la partecipazione del pioniere dell’elettronica Martux_M.
Rea, come nasce il concerto Sakamoto & Me? "È un tributo che mi è stato proposto alla sua morte. Ho accettato subito: per me Sakamoto è stato un mito, un artista con cui sento affinità. Lo spettacolo si chiama così perché dentro le improvvisazioni sui suoi temi emergerà anche la mia personalità. Con Martux_M, che ha composto con me brani ispirati a lui, ci sarà un dialogo sonoro, oltre a un video curato da un videomaker argentino".
Cosa l’ha colpita più profondamente del suo linguaggio musicale? "Era un compositore a 360°, capace di passare dal pop alle colonne sonore, fino all’elettronica. La sua collaborazione con Alva Noto, per esempio, somiglia a quella che avevo avviato anni fa con Martux_M. Forse la differenza tra noi è che io sono un improvvisatore, lui aveva una visione più da orchestratore, da classico".
Martux_M, questo concerto rinnova un legame con Danilo Rea che dura da tempo. "Assolutamente. Danilo è uno dei pochi musicisti aperti a ogni stimolo. Ci conosciamo dal 2006: allora sperimentammo insieme un progetto ispirato alla seconda sinfonia di Mahler. I nostri mondi si incontrano e si lasciano, ma restano connessi. Ci accomuna la voglia di uscire dagli stereotipi, di cercare nuove strade divertendoci. E anche l’amore per la melodia".
Un anno fa avete suonato a Buenos Aires, ora siete in Casentino. Il contesto cambia l’esibizione? "Il luogo conta. Cambia l’energia, l’atmosfera. Anche se abbiamo una linea precisa, ogni concerto è diverso. Questo progetto ha una forte componente meditativa, e la bellezza di un luogo favorisce il contatto con il pubblico (che non guardiamo mai), che si percepisce in quel silenzio sospeso prima dell’applauso. Una connessione fondamentale".
Danilo, torniamo a lei: che valore dà alla musica dal vivo? "Per me è comunicazione. Ho sempre rifiutato il muro tra palco e platea che mettono alcuni artisti. La musica racconta una storia che ogni ascoltatore filtra con le proprie emozioni. Suonare in pubblico significa entrare in relazione con questo vissuto".
Che visione ha del futuro del jazz? "Il jazz ha fatto grandi passi nell’improvvisazione anche grazie alla didattica. Ma oggi i giovani musicisti dovrebbero cercare un legame più empatico con chi ascolta. C’è il rischio che diventi musica solo per pochi. E poi c’è un pericolo più grande: che si arrivi a fare musica finta, generata da intelligenze artificiali da chi non ha mai studiato una nota. La musica vera richiede studio, sensibilità, ascolto".
Ha legami con artisti aretini? "Non con Arezzo, ma in Toscana ho suonato molto. Ho cari amici a Montevarchi, come Daniele Malvisi, che organizza un festival jazz. In questa regione si fa tanta musica, anche se non sempre nei grandi club: è un territorio che continuo a frequentare con piacere".