
Conferito il premio cultura della pace a Paolo Jannacci, a. consegnarlo è stato il sindaco di Sansepolcro Fabrizio Innocenti
"Ho conosciuto Sansepolcro solo ieri notte e dico che vivete in un luogo meraviglioso. Gran parte d’Italia è così, cioè nascosta, per chi - come me - vive in una delle metropoli spesso sopravvalutate. Complimenti anche per il vostro museo".
La prima volta di Paolo Jannacci al Borgo è stata dettata da un’occasione del tutto particolare: la consegna a lui della XVII edizione del premio "Cultura della Pace-Città di Sansepolcro". Il noto figlio d’arte – anche lui musicista, compositore e arrangiatore - è rimasto intanto soddisfatto dell’incontro mattutino con i ragazzi delle secondarie superiori della città: "I giovani sono il nostro futuro e ci danno lo stimolo per cercare di continuare a lavorare, al fine di poter garantire loro una mano sempre più libera, perché sono molto più forti di quello che noi pensiamo".
Quale valore assume per Paolo Jannacci il riconoscimento di Sansepolcro? "È un enorme piacere: poter essere considerato un artista che aiuta nella comunicazione del significato di pace e non violenza è per me un grande punto di arrivo. Vuol dire che quel piccolo passo che ho compiuto con la mia musica e con i miei testi ha creato un minimo di differenza, il che mi rende senza dubbio orgoglioso".
Fra i temi portanti, anche la sicurezza nel lavoro: "Il fatto che vi siano famiglie distrutte per la morte di una madre o di un padre finiti in una macchina impastatrice o giù da una impalcatura (o persino arsi vivi come nella nostra canzone) ci fa pensare che questo non è il modo nel quale un essere umano deve vivere: pace vuol dire anche dignità", ha detto.
Un ricordo anche per il padre, il grande Enzo Jannacci: "Da lui ho ereditato tanto. Il percorso formativo personale è legato al mio "vecchio", che mi ha insegnato a raccontare disagi e problematiche anche adoperando il divertimento più assurdo e cinico".
Menzione speciale, quest’anno, per il Collettivo Gkn, l’azienda di componenti per le industrie del settore automobilistico con sede a Campi Bisenzio, chiusa all’improvviso nel luglio del 2021 da un fondo finanziario; da allora, i dipendenti hanno iniziato a lottare non solo per proteggere lo stabilimento, ma anche per convergere con altre forze sociali quali movimenti pacifisti e ambientalisti. "Siamo arrivati a dodici mesi senza stipendio né cassa integrazione – ha sottolineato Alessandro Tapinassi, rappresentante del collettivo – e abbiamo un piano industriale per ripartire. Siamo in attesa di una legge regionale che possa consentirci di dar vita un consorzio all’interno della fabbrica per non lasciarla deserta. Una legge che potrebbe essere utile a tante altre realtà in momenti difficili come quello attuale".