GLORIA PERUZZI
Cronaca

Natalia Cangi, la signora dei Diari: "Conoscere le vite degli altri è un’esperienza straordinaria"

La direttrice organizzativa del premio di Pieve Santo Stefano si racconta a cuore aperto "Lavoravo in banca ma sentivo che mi mancava qualcosa: rifarei ancora la stessa scelta".

La direttrice organizzativa del premio di Pieve Santo Stefano si racconta a cuore aperto "Lavoravo in banca ma sentivo che mi mancava qualcosa: rifarei ancora la stessa scelta".

La direttrice organizzativa del premio di Pieve Santo Stefano si racconta a cuore aperto "Lavoravo in banca ma sentivo che mi mancava qualcosa: rifarei ancora la stessa scelta".

Peruzzi

eggere le vite degli altri ti regala un’esperienza impareggiabile", racconta Natalia Cangi, direttrice organizzativa dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, un luogo unico fondato nel 1984 dal giornalista e scrittore Saverio Tutino, che ha dato vita anche al Premio Pieve, quest’anno alla 41ª edizione (dal 18 al 21 settembre).

"Le testimonianze che leggiamo diventano parte di noi. Le portiamo dentro, ci cambiano, ci formano" racconta ancora Natalia Cangi.

Cosa raccontano oggi questi diari?

"Sono strumenti preziosi per comprendere anche il nostro presente. Noi, che non abbiamo vissuto le loro vite, abbiamo bisogno di quelle esperienze. Alcune diventano persino modelli a cui aspirare".

Ad esempio?

"Ci sono scritti di donne dentro l’Archivio alle quali io, un po’ sognatrice, aspiro. Penso a Magda Ceccarelli De Grada, intellettuale e poetessa, scrive un diario, tra il 1940 e 1945, che terrà segreto per molti anni. Ne ricordo parti a memoria. È una donna che mi ispira profondamente".

Come arriva a occuparsi del- l’Archivio e del Premio Pieve?

"Lavoravo in banca, ma sentivo come la mancanza di qualcosa. E, probabilmente la passione per la lettura che ho sempre avuto, nel 1991, mi ha convinto a candidarmi alla commissione di lettura del Premio Pieve".

E cos’è successo?

"Sicuramente l’incontro con i primi diari ha acceso qualcosa. Nel frattempo avevo cambiato lavoro, ero all’Università di Arezzo e facevo un lavoro che mi piaceva. Ma, nel 2010, arriva la proposta di diventare direttrice organizzativa. Dopo qualche giorno di smarrimento, ho accettato, con timore e felicità".

Cosa le ha insegnato Saverio Tutino?

"Ad ascoltare. A non fermarmi alla prima impressione, ma a guardare davvero le persone, entrare nelle loro storie con rispetto. Investire negli altri".

Il primo diario che l’ha colpita?

"Come dimenticarlo. Era il diario di Claudio Foschini, un rapinatore. Un cortocircuito curioso per una che lavorava in banca. Ma in quelle pagine c’era tutta una Roma di periferia, una vita ai margini, ma con una sua integrità morale. Quel diario per me è stata una folgorazione".

Qual è il confine tra genio spontaneo e talento autoriale?

"Più che talento, parlerei di urgenza. Chi scrive sente di non poterne fare a meno. Come Clelia Marchi, che scrisse il suo diario su un lenzuolo. O lo stesso Foschini, Bordonaro...".

Ancora oggi è l’urgenza a muovere chi scrive?

"Oggi spesso manca quella spinta emotiva. La qualità della scrittura è anche più alta, ma non c’è quel bisogno impellente di raccontarsi, di lasciare un segno".

Arrivano diari scritti da giovani?

"Pochi, ma raccontano storie intense. Sono scritture intime, difficili da classificare, che rivelano fragilità. Un contributo arriva dal progetto ‘Dimmi’, con oltre 700 testimonianze di giovani con background migratorio, un patrimonio in crescita che ci aiuta a leggere meglio questo momento storico".

In totale, quanti diari custodite in Archivio?

"Oltre 10mila. Ne arrivano circa 350 all’anno".

Che significato ha l’Archivio per Pieve Santo Stefano?

"Per molto tempo è stato percepito come un’istituzione un po’ distante. Ma con il Piccolo Museo del Diario, la comunità si è riappropriata di questo luogo. Oggi lo vive, lo racconta, lo sente suo. Il museo ha aperto una porta emotiva che l’Archivio da solo non riusciva a spalancare".

Il tema del Premio 2025?

"Sarà dedicato a ciò che è accaduto dopo la fine della Seconda guerra mondiale, nell’ottantesimo anniversario. Non solo la fine del conflitto, ma le trasformazioni sociali e culturali che ne sono seguite".

Che futuro immagina per l’Archivio?

"Luminoso, per due motivi: il primo è la nuova sede, nel monastero delle monache, luogo simbolico per Pieve Santo Stefano che accoglierà Archivio e Museo: è stato un rifugio dopo lo sfollamento del 1944, anche per la mia famiglia. Sarà un recupero architettonico e di memoria. Il secondo, riguarda il digitale che ci permette di rendere più accessibile il nostro patrimonio. pur mantenendo il legame con l’autenticità della scrittura".

Se potesse scrivere una pagina di diario a Saverio Tutino?

"Gli direi grazie. Perché mi ha insegnato ad ascoltare. In un mondo che parla troppo, l’ascolto è un dono raro. E un grazie collettivo, per aver donato un’identità preziosa, che corre sul filo della memoria. Saverio per noi è ancora qui".

Non si è mai pentita della scelta?

"Sono felicissima. È un lavoro serio e complesso, ma lo considero un dono della vita".