
Un'aula di tribunale in una foto di repertorio Ansa
Arezzo, 9 dicembre 2024 – Morto per una dermatite curata con un medicinale troppo potente. È la motivazione per cui un medico di base è stato condannato al tribunale di Arezzo a risarcire i familiari con 100mila euro. I giudici aretini, riporta Il Corriere Fiorentino, nel processo hanno ricostruito l’intera vicenda prima di giungere alla sentenza. L’uomo dal 2014 al 2017 era in cura da un medico, un dermatologo, per una brutta dermatite che lo tormentava. Lo specialista lo ha curato con un farmaco molto potente, metotrexate che è un chemioterapico utilizzato anche in dermatologia per psoriasi e dermatiti ma a dosaggi bassi e sotto stretto controllo e osservazione, con analisi del sangue continue, proprio per la sua pericolosità. Nel 2017 il dermatologo sospende la cura definitivamente dopo averlo seguito nell’intero percorso di guarigione. L’uomo ha una piccola recidiva e si rivolge al suo medico di base chiedendogli se gli poteva prescrivere quel farmaco per proseguire la cura.
Il medico di base acconsente e per oltre un anno, senza consultarsi col dermatologo che aveva interrotto la cura, e senza nessun tipo di controllo, secondo i giudici, gli prescrive il metotrexate e con dosaggi ritenuti molto pericolosi. L’uomo arriva all’ospedale di Bibbiena il 26 settembre del 2018 in gravi condizioni “con sanguinamenti dal cavo orale e rettale”. Nei successivi quattro giorni, dal 26 settembre al 30 settembre, purtroppo, le sue condizioni si aggravavano e muore.
La perizia medico legale disposta dal Tribunale di Arezzo è stata accolta in toto dai giudici che hanno quindi riconosciuto il medico di base come responsabile del decesso dell’uomo. “Il medico curante ebbe a commettere un errore non tanto nella prescrizione del farmaco (già a lungo utilizzato dal suo paziente) quanto nella posologia”, inoltre non avrebbe effettuato nessun tipo di controllo e non si sarebbe mai consultato col dermatologo.
Dopo la verifica della documentazione medica e delle testimonianze, i giudici hanno condannato il medico di base a risarcire la sorella della vittima (l’uomo non era sposato e non aveva figli), in solido con l’Asl che è responsabile civile dell’operato dei medici di famiglia, per “perdita del rapporto parentale”.