ALESSANDRO
Cronaca

Maturità, quella notte che non fa dormire. Come cambia l’esame al tempo dei social

Anche se tutti sanno che non saranno bocciati, l’ansia e il timore possono giocare brutti scherzi. Anche nella dimensione "onlife"

Anche se tutti sanno che non saranno bocciati, l’ansia e il timore possono giocare brutti scherzi. Anche nella dimensione "onlife"

Anche se tutti sanno che non saranno bocciati, l’ansia e il timore possono giocare brutti scherzi. Anche nella dimensione "onlife"

ArtiniLa "Notte prima degli esami" rappresenta tutt’oggi un momento di ansia, così come il celebre film del 2006 ce l’ha raccontata. È la storia di un adolescente che, in una Roma suggestiva e struggente, trascorre le ultime ore prima degli esami, in compagnia degli amici ed è una notte di intense relazioni, traboccante di sentimenti. L’esame lo attende lì, a un passo, nella imminente mattina che lo metterà alla prova. Nel rigoglio notturno degli stati d’animo, egli sperimenta il senso obliquo dell’attesa, che è un coltello a doppia lama, quella della speranza e quella del timore. Lame che, tuttavia, nella loro duplicità agiranno all’unisono come una forbice, recidendo il filo del passato, perché, se si avrà un esito positivo, si apriranno nuovi orizzonti di studio o di lavoro, ma anche a fronte di un esito negativo, la vita comunque andrà avanti. Forse con nuovi compagni di classe, forse con nuovi amici.

Sono trascorsi quasi 20 anni da quel film e quei sentimenti di attesa sono immutati, all’apparenza. Ma solo all’apparenza. Gli esami, infatti, non sono più lo spauracchio che inquietava le generazioni dei decenni scorsi, dacché la promozione, oggi, è pressoché assicurata. Più del 99% dei candidati supera l’esame. Non vi sono sorprese: la “non promozione”, cioè - come si dice comunemente - la bocciatura è davvero un’impresa difficile. Quindi interroghiamoci sulle ansie dei giovani, perché esse, alla luce della statistica, risulterebbero immotivate. Ma la fondatezza o meno di uno stato d’animo non si misura con i numeri, piuttosto con la sua percezione. Dunque, occorre capire quali siano le ragioni che tutt’oggi tengono svegli i giovani la notte prima degli esami.

In primo luogo osserviamo che, con l’avvento delle tecnologie informatiche (e con il loro diffondersi durante la pandemia), la nostra vita si è spostata dal mondo delle cose e dei rapporti personali, quelli fisici vis-à-vis, al mondo delle interazioni online. Siamo entrati nella dimensione "onlife", secondo il neologismo del filosofo Luciano Floridi. In tal senso, occorre spostare anche l’angolatura dei nostri ragionamenti, che adesso deve muoversi sul piano soggettivo della interiorità e non su quello oggettivo della promozione o bocciatura.

In secondo luogo, occorre considerare che i giovani, ancorché non si misurino con il rischio della bocciatura, si esibiscono di fronte a quella severissima commissione d’esame che è composta dai social, da cui dipende la loro sempre più fragile identità. Gli esami, dunque, non sono più la prova del fuoco della preparazione scolastica, ma non per questo sono diventati rassicuranti: essi pongono in gioco l’immagine personale e la sostanza di chi pensa di essere ciascun adolescente.

Qui entra in gioco la funzione dell’altro. Da sempre gli altri, nei contesti familiari, amicali e lavorativi, rappresentano uno specchio che serve a costituire la nostra identità, ma con i social gli altri sono un mondo iperesteso e con un ruolo preponderante, dove il giudizio si risolve con un like o nella sua negazione. E quel giudizio può essere impietoso. L’attuale angoscia per gli esami, dunque, si scatena a fronte delle aspettative che ciascuno nutre su di sé e la cui frustrazione può produrre il senso di un doloroso fallimento.

Se ne ha prova nel fatto che il contenzioso giudiziario, in questi ultimi anni, non si è affatto ridotto in proporzione alle bocciature e anzi, secondo alcune fonti giornalistiche come Sky TG24, è cresciuto. Ciò accade, ad esempio, in Toscana, di fronte al Tar regionale. Ma oggi si ricorre soprattutto per un voto inadeguato.

La posta in gioco degli esami è data dalle attese personali, quelle da cui scaturisce l’immagine che i giovani hanno di sé stessi e su cui si costruisce l’identità sempre più "onlife". Un’immagine che può essere dolorosamente inadeguata per i giovani e soprattutto per le famiglie, le cui attese, particolarmente se frustrate, si riversano, devastanti, sulla crescita dei figli stessi. Generalmente, al termine della prova orale conclusiva degli esami di Stato, si chiede ai giovani cosa intendono fare in futuro, ma la domanda più adeguata dovrebbe essere se il percorso scolastico li ha aiutati a crearsi - con lo studio - un’identità personale, atta a dare senso alle loro esperienze e all’educazione ricevuta. Più che chiedere dove andranno, gioverebbe cercare di conoscere da dove e come sono arrivati all’esame.

I tempi cambiano, ma non sempre i mutamenti sociali sono colti nella loro profondità dal sistema normativo della scuola. L’esame di Stato non è più adeguato e andrebbe quanto meno riformato unitamente alla scuola stessa, i cui risultati a livello internazionale lasciano molto a desiderare. Se dovessimo indicare una direzione, dovrebbe essere quella di ricostituire l’alleanza tra adulti - docenti e genitori - che fino a qualche decennio fa garantiva il ruolo sociale delle scuole. Prima, tuttavia, la scuola va riformata soprattutto nel suo sistema interno di governance (i decreti delegati risalgono al 1974, più di mezzo secolo fa e l’autonomia scolastica a 25 anni fa), che ormai non funziona più. Così potremmo rendere le scuole più vive e attente all’attualità.