Salvatore Mannino
Cronaca

"Martina non tentò mai di uccidersi": i genitori dal Pm smentiscono le amiche

I verbali in anteprima: nè segni di ferite in quella notte di Capodanno nè voli dalla terrazza. "Viviamo tra piano terra e primo piano, sarebbe stato assurdo"

I genitori di Martina

Arezzo, 9 ottobre 2017 - E’ uno dei punti di forza della difesa: il racconto, fatto dalle amiche, e riportato nella relazione dell’ispettrice di Ps che condusse l’indagine su due tentativi di suicidio abbozzati da Martina prima del tragico volo dal sesto piano di un grande albergo di Palma di Maiorca per il quale adesso due ragazzi di Castiglion Fibocchi sono sotto accusa nell’aula del Gip Piergiorgio Ponticelli.

La studentessa genovese, ipotizza il procuratore capo Roberto Rossi, sarebbe morta mentre cercava di sfuggire a un tentativo di stupro di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. Scenario radicalmente diverso da quello della polizia spagnola, che archiviò il caso come suicidio. E’ anche la tesi, il gesto volontario, con la quale i due giovani cercano di sfuggire alla tagliola del processo. Chiaro dunque quale sia l’interesse degli avvocati nel valorizzare la verità delle amiche: chi ha già provato ad uccidersi è più soggetto a ricaderci. Ma ecco la smentita dei genitori davanti al Pm: non c’è niente di vero.

Conviene allora ripartire daccapo. Nella versione delle compagne di Martina, non si sarebbe trattato nemmeno di due tentativi di suicidio veri e propri ma di due gesti poco più che dimostrativi, comunque atti a dimostrare la fragilità psicologica di Martina. Il primo la notte di Capodanno, quando lei avrebbe provato a tagliarsi i polsi con i vetri di un bicchiere rotto e poi a casa con un abbozzo di volo dal terrazzo.

Una carta potente nelle mani della difesa che i genitori si precipitano a negare in procura, il 21 aprile di quest’anno, poco prima che cominciasse l’udienza preliminare. Probabilmente è l’asso che il procuratore Rossi si gioca nel dubbio che gli avvocati potessero chiedere il rito abbreviato e lui non avesse la possibilità di far testimoniare papà e mamma in aula.

Ma al di là delle schermaglie processuali, resta il racconto di Franca Murialdo e Bruno Rossi, in particolare di lei che è la più puntigliosa nel ricostruire i fatti. A partire dalla notte di Capodanno, che è quella del 2008-2009, due anni prima della tragedia, il 3 agosto 2011. Martina, è la premessa, aveva avuto una delusione d’amore per la quale era stata in cura da uno psicologo, uscendone (dice la mamma) perfettamente guarita.

In quel San Silvestro, racconta lei, la studentessa era a casa di amici con una coetanea: «Sono andate io a riprenderle la mattina di buon’ora - detta a verbale - e a parte i segni dello scarso riposo di ambedue le ragazze, esse apparivano assolutamente normali. Hanno parlato della notte di Capodanno come di una notte assolutamente normale, Martina non aveva alcun segno di ferite».

C’è poi l’altro episodio, quello del terrazzo: «Devo precisare che mai mia figlia fece il gesto di gettarsi dal balcone nè mai manifestò una simile intenzione. Non ho mai detto una cosa del genere a M.C. (un’amica Ndr) nè di persona nè per telefono». Mamma Franca insiste: «La nostra abitazione si sviluppa su un piano terra e un primo piano, i cui balconi saranno ad occhio meno di tre metri da terra, altezza da cui è ridicolo solo pensare di potersi lanciare».

L’amica che aveva raccontato l’episodio, dice ancora la signora, le portò poi una lettera nella quale spiegava come, «sulla base di false informazioni che le erano state date», aveva ritenuto che in un certo momento Martina potesse aver tentato di togliersi la vita.

Quanto a babbo Bruno, il protagonista principale della battaglia per riaprire il caso sulla morte della figlia, rafforza la versione della moglie: è vero che Martina era stata in cura dopo la fine del rapporto col fidanzatino, ma non aveva più problemi: altrimenti, «non le avremmo mai consentito di andare a vivere da sola». A Milano dove studiava architettura. Dopo il tragico volo di Palma, alla polizia spagnola disse che la figlia «non prendeva nessun farmaco, non aveva patologie e che la versione che mi stavano dando (il suicidio Ndr) mi appariva totalmente incredibile».