
Madonna del Parto: l’epopea della cappellina Muro contro le bombe, quel no a De Gaulle
Attilio Brilli
Le pagine più umane ed intense fra quelle dedicate alla Madonna del parto di Piero della Francesca sono state scritte in tempo di guerra, nell’ansia per il destino dell’affresco staccato e confinato "in quel piccolo cimitero fuori mano", come lo chiamava Piero Calamandrei. Nel 1944, l’allora rettore dell’Università di Firenze scriveva che in un piccolo paese, a Monterchi, si trova il più bel dipinto di Piero, collocato nella solitudine di un camposanto in piena campagna.
Ogni volta che gli riaffiorava alla mente, quell’affresco e la sua collocazione lo spingevano a riflettere sull’identità della Toscana, sostenendo che in questa regione "ogni borgo, ogni svolto di strada, ogni collina, ha un volto, come quello di una persona viva". La latenza mitica di un paesaggio o di un’opera d’arte a cui allude Calamandrei erano sentiti allora, dagli abitanti del contado toscano, nella maniera istintiva ed ingenua con la quale gli antichi adoravano le divinità, identificandole con la configurazione dei luoghi. Di questo legame viscerale con la terra e con il suo ciclo di nascita e morte, di questo culto dalle arcaiche radici è oggetto la Madonna del parto, “la Madonna di casa”, alla quale si affidavano e chiedevano protezione le donne incinte di Monterchi.
Nasce di qui l’inflessibile, pertinace gelosia con la quale i locali hanno protetto la loro Madonna, respingendo in maniera ruvida e spiccia qualsiasi tentativo di spostamento del simulacro dal cimitero del paese. Durante il passaggio del fronte, l’affresco era stato addirittura occultato dietro una tamponatura di mattoni, per proteggerlo sia dalle incursioni belliche e sia dalla brama delle truppe tedesche che facevano razzia di opere d’arte. Subito dopo la guerra, allorché venne abbattuta la finta parete, Frederick Hart, l’ufficiale americano incaricato di prendere nota delle condizioni del patrimonio artistico toscano, racconta di essere rimasto abbagliato dalla veste celeste e poi dal volto imperturbabile della Madonna che, come un’antica divinità, sembrava emergere dalla polvere come da un immemore passato.
Lo stesso Calamandrei avrebbe toccato con mano l’intransigenza degli abitanti di Monterchi allorché, nel 1954, si vide respingere la richiesta di prestito del dipinto per la mostra fiorentina sui grandi pittori del Rinascimento. Molti anni dopo, nel 1970, un giornalista britannico, Leslie Gardiner, riferisce di aver saputo dal becchino del cimitero monterchiese che "l’anno del diluvio" – definizione con la quale questi intendeva il 1966, l’anno dell’alluvione di Firenze – il sindaco del paese aveva respinto la lauta offerta avanzata dal presidente Charles De Gaulle per avere in prestito ed esporre per breve tempo la Madonna del parto nel Museo del Louvre.
Poi nel 1992, in occasione del cinquecentenario della morte di Piero, avviene il trasferimento provvisorio dell’affresco staccato in un’aula della ex scuola elementare di via della Reglia. I termini della polemica che ha suscitato e suscita tutt’oggi questa improvvida collocazione che è divenuta stabile nel tempo, sono troppo noti per essere qui riassunti.
Merita invece riportare un’autorevole voce da fuori, la testimonianza del poeta catalano Narcis Comadira che in un poemetto, Petita Suite Toscana, narra del suo pellegrinaggio effettuato nel 2016 alla ricerca delle opere di Piero.
A Monterchi egli incontra "una robusta contadina", incorruttibile emblema della maternità, che mostra con la mano destra il mistero e la santità del suo grembo. Comadira rammenta di avere ammirato una prima volta l’affresco con la Madonna del parto nella cappella del cimitero, luogo nel quale metteva in luce il suo pieno significato che è insieme promessa di vita e di morte. Al tempo dell’ultima visita, tuttavia, scopre con disappunto che hanno sistemato l’affresco in una scuola dismessa. In questo nuovo ambiente, annota il poeta, la Madonna sembra desolatamente spaesata. Ma la cultura, conclude con amarezza, è ormai diventata uno spettacolo di massa da fruire in fretta e senza impegno di sorta.
In questi giorni i riflettori si sono di nuovo accesi sulla Madonna del parto in occasione della visita dei funzionari del Ministero della cultura. Pende infatti sull’attuale collocazione del dipinto la sentenza del Consiglio di Stato che già da un anno ha imposto il ritorno dell’affresco nella sua sede naturale che è la chiesa del cimitero. Poiché in un paese civile, le sentenze del Consiglio di Stato non possono essere messe in discussione, ma direttamente applicate, la Madonna del parto non può non tornare nella cappella cimiteriale del paese.
I locali di via della Reglia possono diventare la sede di un piccolo museo dedicato alla storia dell’affresco e alle vicende della chiesa per la quale sarebbe stato dipinto. Vi potrebbe essere esposta anche una più ampia documentazione sul così detto “Piero della Francesca Trail”, la pista di Piero da Arezzo, a Sansepolcro e a Urbino, su come veniva effettuato un tempo e su come lo si può gustare oggi da viaggiatori curiosi, piuttosto che da più o meno sprovveduti o svagati turisti.