
di Dory d’Anzeo
Erano un centinaio gli operai del settore orafo argentiero che ieri pomeriggio hanno manifestato davanti alla sede di Confindustria, in sciopero per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Presidio organizzato d Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil. Molti più quelli che hanno aderito astenendosi dal lavoro, con punte attorno al 60% alla Unoaerre, più contenuti i numeri delle imprese minori. Il rinnovo riguarda, in provincia, 4000 addetti su circa 500 aziende. Gli operai del settore orafo sono tre volte tanto, ma molti rientrano nel comparto artigiano, mentre i metalmeccanici sono, appunto, attorno ai 4000.
La richiesta è di un aumento dell’8% secco, circa 112 euro al mese. L’offerta fino a questo momento è stata di circa 70 euro, giudicata irricevibile, come spiega Alessandro Tracchi (foto a destra) dalla Fiom: "L’aumento non rende giustizia al lavoro che svolgiamo. Richiede elevata specializzazione, gli orafi sono custodi di conoscenza, saper fare con le mani è un’arte. Al momento restiamo gli unici senza rinnovo: e veniamo da due anni di pandemia, a lungo in cassa integrazione, con i soliti ritardi nella riscossione". Da qui la protesta in centro, luogo simbolo anche perché Arezzo è il distretto orafo più grande d’Europa. Striscioni, slogan e alcuni interventi dei sindacalisti hanno scandito il presidio.
"Si entra in azienda con delle prospettive – lamenta Alessandro, uno degli operai – ma molti di noi si sono disamorati, è significativo. Lavoro in Unoaerre da 35 anni, lo stipendio non è mai saltato, ma nessun altro riconoscimento. Eppure, basterebbe poco, una volta ogni due anni un aumento di 30-40 euro, un riconoscimento più che altro. Ho fatto tutti i tipi di lavoro in azienda e non ho superminimo, niente. Credo si possa e si debba fare di più. Ce lo meritiamo".