
di Dory d’Anzeo
Dopo il successo de "Il malato immaginario" con Emilio Solfrizzi, ancora classici del teatro al Petrarca di Arezzo.
Martedì e mercoledì, alle 21, in programma c’è "Enrico IV" di Luigi Pirandello, per la regia di Yannis Kokkos. In Scena, Sebastiano Lo Monaco che nei panni di Enrico IV dà il meglio di sé, non a caso le sue performance sono recensite sempre in maniera entusiastica. È un’opera particolare quella che andrà in scena, lo spettatore viene accolto quasi a sua insaputa, all’interno di una seduta psicoanalitica dalla quale uscirà con molti quesiti sul suo vissuto.
Proprio da qui partiamo per parlare della pièce assieme a Sebastiano Lo Monaco: "In scena c’è un dottore e alcuni personaggi che vanno in visita a Enrico, credendolo ancora pazzo. Pirandello ha molto a cuore l’argomento, è informato, ha letto trattati sulla psicanalisi. Perciò questo lavoro si accosta molto agli studi freudiani, alla ricerca, a quel tipo di critica".
Lei e Pirandello avete un rapporto speciale...
"Ormai non so più se sono io che scelgo lui o Pirandello che mi costringe a raccontarlo. Nel 1992 sono stato chiamato per fare il protagonista di ‘Berretto a sonagli’, proprio davanti alla casa di Pirandello. Da lì quella che posso definire un’ epopea pirandelliana. Poi c’è stato l’incontro con Kokkos, ci eravamo ripromessi di riunirci nel nome di questo autore, ed eccoci qui con Enrico IV". Di tutti i personaggi pirandelliani che ha interpretato, qual è quello che le somiglia di più? "Proprio quello di Enrico. Mi somiglia nell’aspetto malinconico, nella difficoltà di comunicazione col mondo. Non nella follia, non sono mai arrivato a tanto. Ma l’aspetto di un uomo che si autoesclude, che ha difficoltà ad esprimesi e che trova spesso che gli altri siano delle maschere, lo sento affine".
Oltretutto, un tema attualissimo nonostante l’opera sia stata scritta cent’anni fa
"Questa è la grandezza degli autori, che hanno una lente di ingrandimento sulla vita tale che quello che hanno detto cent’anni fa si può dire anche oggi, nella nostra realtà che sembra così diversa".
Che rapporto ha con il Petrarca e il suo pubblico?
"Ci sono stato prima della sua chiusura, conservo un ricordo molto bello del pubblico di Arezzo, lo ricordo molto generoso, affettivo".