GAIA PAPI
Cronaca

Le opere senza fine. Quei sei cantieri in cerca d’autore: venti milioni in gioco

La caserma di via Filzi, il tunnel Baldaccio, la rotatoria di via Fiorentina dovevano essere realizzati da tempo ma sono ancora in alto mare. E poi ci sono le aree private da anni nel degrado come ex Lebole e Poti.

Filzi, Baldaccio, Fiorentina. Gli aretini ormai le chiamano per nome, quasi fossero degli amici, scomodi a dir la verità. Sono i tre cantieri relativi alle tre opere pubbliche più importanti della giunta Ghinelli. Opere incompiute che da tempo, chi più chi meno, fanno storcere loro il naso. Interventi che hanno un costo che si aggira intorno ai venti milioni di euro. Partiamo dal cantiere più vicino alla sua chiusura. Sì perché almeno i lavori per terminare il secondo tunnel tra via Baldaccio d’Anghiari e via Alessandro dal Borro proseguono.

L’importante collegamento viario che consentirà una direzione, andata-ritorno, tra Pescaiola e la zona di via Monte Falco, come anche del centro, è una delle maxi opere che, pure grazie ai fondi Pnrr, daranno un nuovo volto alla città. Seppur in ritardo, il taglio del nastro era previsto a primavera 2023, il cantiere potrebbe vedere la fine dei lavori entro l’anno. Altra spina nel fianco della città quella che doveva essere la nuova caserma della polizia municipale in via Filzi, nel cuore di Saione.

Lavori partiti nell’ottobre 2021: sei milioni di investimento per trasformare l’ex scuola di proprietà della Chiesa, nel nuovo comando della municipale. Il cantiere sarebbe dovuto durare poco meno di un anno: ad ottobre 2022 era prevista la consegna. Ma già ad aprile risultava bloccato per via della scarsità di materiali e per i costi lievitati a seguito di Covid e guerra in Ucraina. La realizzazione del nuovo stabile sarebbe dovuta avvenire attraverso un leasing in costruendo, per far passare la proprietà privata in mano a un raggruppamento di imprese, ma adesso tutto è fermo. E poi la maxi rotatoria in via Fiorentina.

Il cantiere da oltre sei milioni di euro, l’opera il cui progetto è stato scritto e integrato più volte, l’intervento più ambizioso tra quelli in costruzione da qui ai prossimi anni. E a proposito di anni la data di fine lavori era stata fissata al 28 gennaio 2021. Si sono susseguite varianti, progetti per infrastrutture e sottoservizi, passando da 3,4 milioni euro a 6,9 milioni di costi complessivi. E adesso il cantiere è fermo.

Ai grandi cantieri pubblici, rispondono gli incompiuti privati. Partiamo dall’ex area Lebole, per anni simbolo della glorioso storia economica aretina. L’azienda è chiusa ormai da oltre 20 anni ma la struttura è ancora lì e l’area intorno pure. Di proprietà della famiglia Carrara di Pistoia, avrebbe dovuto ospitare centri commerciali con importanti marchi, imprese ma anche verde e un discreto sviluppo edilizio. È tutto fermo, nel degrado, pur essendo approvata da anni la variante. E con l’area rimane al palo anche il progetto di un collegamento pedonale con Arezzo Fiere per sfruttare il parcheggio che nel progetto c’era.

L’altra "cattedrale nel deserto" è l’ex sede della Camera di commercio all’inizio di viale Giotto. Uno dei luoghi, per tanti anni simbolo del potere economico di Arezzo e di tutta la provincia, oggi è un edificio in completo abbandono. Una costruzione imponente che dal 2010 è vuota dopo il trasferimento al Centro Affari della Camera di commercio. Sull’ex palazzo di vetro, costruito nel 1968, era stato realizzato un ambizioso piano di restyling e riconversione in chiave residenziale di lusso, presentato da una società che lo rilevò dal proprietario per circa 8 milioni.

E come dimenticare Poti. La montagna in cui gli aretini trascorrevano le vacanze, da anni è solo un ricordo preda di degrado e abbandono. Se lo scorso anno sono stati affidati, in regime di concessione d’uso, il fabbricato e i terreni in località La Valle all’interno del complesso forestale dell’alpe di Poti, le rovine dell’albergo di Poti e della Fontemura versano sempre nel più totale degrado, tra mura pericolanti e tetti d’amianto che si sgretolano. Non solo, l’ultima asta per l’ex impianto dell’acqua, quello che si trova sul versante che da Poti scende a San Polo, è andata deserta.