
Le imprese e i pericoli. Appello degli industriali: "Strade più sicure e dighe all’avanguardia"
È un sistema imponente ma fragile, quello delle dighe a cui la terra d’Arezzo si affida, sia per dissetare uomini e animali, irrigare i campi, alimentare le turbine delle industrie e produrre energia. Ma soprattutto per contenere le piene viste in questi giorni a poche decine di chilometri da Arezzo.
La tempesta improvvisa di pioggia e vento non ha per fortuna prodotto grandi danni alle industrie aretine che proseguono il loro lavoro dopo essersi messi alle spalle qualche disagio.
Alessandro Tarquini, responsabile di Arezzo di Confindustria Toscana Sud, chiede di fare presto soprattutto sulla sicurezza delle strade: "Con l’arrivo della brutta stagione l’E45 rischia di chiudere un’altra volta: ancora oggi c’è la necessità di intervenire sull’ex-statale Tiberina 3 Bis".
"La sistemazione della vecchia strada come viabilità alternativa alla Orte-Ravenna richiede consistenti interventi – spiega Tarquini – la strada è strategica nell’ambito del valico appenninico e non doveva essere abbandonata e declassificata in condizioni di inagibilità. Si tratta di una questione annosa, non si siano compresi i termini del problema e le gravi conseguenze in termini di sicurezza, aumento dei costi, della percorrenza e dell’inquinamento".
Sulla sicurezza idraulica, tema già affrontato in occasione della recente alluvione in Romagna. Ora che il fenomeno si è concentrato tra Firenze e la Versilia per l’associazione degli industriali servono nuovi impianti, non necessariamente di grandi dimensioni, per far fronte alle sempre più frequenti bizze del meteo: "Serve una nuova stagione di dighe per superare il rallentamento nella costruzione di queste opere negli ultimi dieci anni – afferma Tarquini – la nostra provincia non parte da zero: ci sono La Penna e Levane sull’Arno e Montedoglio sul Tevere ma servono impianti all’avanguardia per non rischiare di finire come tante imprese toscane in ginocchio per il maltempo".
Federico D’Ascoli