
"Io sulle orme del nonno". Gareth sarà in città alla festa della Liberazione: "Lui è morto senza tornarci"
"Avevo due bisnonni in Italia alla fine della guerra". Gareth Scanlon fa il conto alla rovescia verso l’incontro con una terra legata indissolubilmente alla sua famiglia. Anche se non la conosce. Il 16 luglio sarà in Comune, a rievocare quei giorni nel ricordo del nonno, il carrista inglese che contribuì alla Liberazione di Arezzo.
Tutto è nato da una foto?
"Sì, esatto: una foto ad alta risoluzione, che mi era capitata tra le mani tante volte ma senza che mai mettessi a fuoco il legame con uno dei protagonisti".
Il famoso bisnonno Glyn.
"Sì, Glyn Spowart, un soldato professionista che si unì al reggimento nel 1934. Trascorse 552 giorni in zone di combattimento attive tre giorni a Boulogne nel 1940, 97 giorni in Tunisia e 452 giorni in Italia".
Lo ha riconosciuto?
"Con certezza: Glyn in pieno ordine di battaglia con la sua sezione, è il quarto da sinistra, a testa nuda, ripreso coi compagni lungo la Strada 71 in località L’Olmo, in quel 16 luglio 1944".
Ma in famiglia della battaglia per Arezzo ne ha mai sentito parlare?
"Poco o nulla. Mio nonno non parlava di Arezzo, e nemmeno di gran parte della guerra. Parlò solo del soggiorno a Cassino, maggio 1944. Diceva che ad Arezzo era stata una campagna difficilissima".
Il resto lo ha ricostruito lei?
"È una mia passione. Avevo due bisnonni che prestarono servizio insieme in Italia con il 3° battaglione delle guardie gallesi, la 1° brigata delle guardie, la 6° divisione corazzata. Ho cercato di approfondire quegli anni della loro vita e quale fosse stato il loro contributo alla sconfitta del fascismo in Europa".
E i giorni di Arezzo?
"Il ruolo delle Guardie Gallesi durante la liberazione di Arezzo fu quello di allontanare i tedeschi dalle colline a cavallo del passo di Olmo su entrambi i lati durante la notte e la mattina del 15-16 luglio. Gli obiettivi erano prendere e mantenere Villa Paradiso e il Convento di Sargiano a sud della Strada 71 e Il Castellare a nord della via. E di mantenere la 71 per impedire un contrattacco tedesco. Questo permise ai carri armati della 6ª Divisione Corazzata di avanzare verso Arezzo per liberare la città".
Una vicenda dalla quale ha scritto anche dei libri.
"Mi sono incuriosito degli abiti non standard che lui e la sua sezione indossavano. Lontana dall’immagine della seconda guerra mondiale, in abito da battaglia marrone e zaino. Qui gli uomini indossano camicie kaki da arruolato dell’esercito americano, pantaloni in denim da battaglia, elmetti ricoperti di reti con motivi indiani. Una miscela di uniformi provenienti da quattro paesi. Un anno di intensa ricerca , ha culminato nel mio libro Camouflaged Fist, edito da Helion & Company".
E lì quella foto campeggia.
"Sì. Ed è arrivato l’invito ad Arezzo".
In che modo?
"Avevo annunciato sui social che per l’ottantesimo anniversario sarei andato ad Arezzo, per trovare il punto esatto nel quale quella foto era stata scattata. Si è creata una rete con amici italiani, mi ha contattato Danny Cesaretti, l’organizzatore dell’incontro".
Dopo quei giorni il nonno era mai tornato in Italia?
"No, non è mai tornato dopo la fine della Guerra. Andrò anche in visita al cimitero degli inglesi. Lo farò io per lui e la cosa mi emoziona".