
Gli spostamenti con i genitori poi i suoi viaggi. "Ma resto legata ad Arezzo". All’estero con occhio critico. "Teniamoci stretti i nostri diritti".Pronta al rientro. Vive la precarietà: "La paga è settimanale e puoi essere licenziata in un attimo".
Repek figlia di nomadi. Lo scrisse su un compitino delle elementari e la maestra, stupita, chiamò la mamma. La piccola Elisa Bertoli vedeva lontano. Nata ad Arezzo nel 1982, molti anni in giro per l’Italia, stabilizzazione in città e infine, da quasi un decennio, in New Jersey, Usa. Adesso ha in mente di rispolverare la valigia. "Sono nata ad Arezzo ma i miei si spostavano, ogni anno, in varie città. Lavoravano per una grande catena alberghiera e si occupavano dell’apertura o della riorganizzazione dei ristoranti. Cinque città nei cinque anni delle elementari. Poi, finalmente, stabilità ad Arezzo".
Qui gli studi e il lavoro, sempre nel settore della ristorazione. Le amicizie: molte aretine ma una, Anthony, americana. "Mio padre aveva conosciuto il suo in un albergo italiano dove l’uno era per lavoro e l’altro in vacanza. Erano diventati amici e per diversi anni io e mio fratello passammo le vacanze estive nella loro casa in New Jersey, per imparare l’inglese".
Amici da sempre, Elisa e Anthony. Poi compagni a distanza e quindi compagni anche nella casa americana. Infine la politica. Consigliera comunale di Arezzo con il Pd dal 2011 al 2015 e dal 2015 al 2016. Dal 2013 al 2015 Segretaria dell’Unione comunale Pd di Arezzo. Era una delle esponenti di rilievo del Pd renziano: puntava su ascolto e dialogo più che su autosufficienza e monologo. Fu la prima, quindi, ad essere fatta fuori dopo la sconfitta del centro sinistra nel 2015 che portò Alessandro Ghinelli in Comune. Era il momento di far riemergere l’anima nomade. "La voglia di esplorare non mi aveva mai abbandonato. Nuove conoscenze, nuovi posti, nuovi amici. La mia casa è Arezzo ma io potevo e posso vivere ovunque".
Mentre altri si leccavano le ferite politiche e pensavano a rivincite, Elisa Bertoli prendeva appunti sulla sua lavagna. Un nome, un amore: Anthony. Una città: Montvale, New Jersey, vicina a New York. Un lavoro: direttrice finanza e controllo logistica di un’azienda di trasporti. Partenza. Con pochi rimpianti: la famiglia e il primo – la seconda non era ancora nata - dei nipotini, Edoardo.
Il rimpianto diventerà doppio alla nascita della piccola Camilla che oggi ha 7 anni. Scopre una parte degli Usa. Il lavoro: "La paga è settimanale e puoi essere licenziato alle 5 del pomeriggio senza alcun preavviso". La carenza di senso di comunità: "Non ci sono piazze e luoghi per ritrovarsi. Penso che non a caso i social siano stati inventati negli Usa". Le città dormitorio: "Qui la maggior parte delle persone prende il treno per andare e tornare da New York".
La sanità: "In Italia non siamo consapevoli dei diritti che abbiamo. Ho dovuto farmi un’iniezione di cortisone che ho pagato 1.500 dollari perché la mia assicurazione passava solo la riabilitazione. Vuoi un figlio? Devi mettere in conto almeno 25.000 dollari. Le assicurazioni devono essere pagate ma non coprono tutto. E non puoi vivere con l’angoscia di ammalarti". Montvale è un bel posto per vivere "ma quando mi presento, dico che sono di Arezzo. Non riesco a tagliare il cordone ombelicale. Penso che tutti i giovani dovrebbero fare almeno 1 anno di esperienza all’estero ma non per studiare e socializzare ma per lavorare e misurarsi con altre realtà. Li aiuterebbe a vivere meglio nelle loro città".
Sulla lavagna di Elisa Bertoli il nome di Arezzo non è mai stato cancellato. Tra poco un breve rientro per stare vicina ai suoi. Poi si vedrà. La crisi economica e la politica Usa non aiutano a puntare la bussola verso New York.
Lei continua a vivere, amare e lavorare sotto un cielo a stelle e strisce. Ma la sua anima nomade le ricorda che non è l’unico.