“Il no alla Russia? Mi sono piegato alle minacce”. Pupo si sfoga: “Mi avrebbero fatto smettere di lavorare”

Il cantante spiega prima su Dagospia e poi al telefono la sua scelta: «Ho intorno una squadra, la dovevo tutelare. E da Mosca per primi mi hanno invitato a non mettere a rischio la mia incolumità professionale»

++ Pupo a Dagospia, non andrò più a Mosca ++

++ Pupo a Dagospia, non andrò più a Mosca ++

Arezzo, 13 maggio 2021 – «Altro che minacce di morte: quelle non mi avrebbero mai fermato». Pupo prima affida a Dagospia, il sito del suo grande amico Roberto D’Agostino, il chiarimento sul no alla Russia che aveva promesso. Poi, con la franchezza di sempre, risponde al telefono e ci mette la faccia, come è abituato a fare da sempre.

«Ho ricevuto – ci conferma come già nel suo vocale web – minacce reali di persone che si sono insinuiate non so come nella mia privacy e mi hanno fatto riflettere sul da farsi».

Davanti la famosa scelta: confermare o no la sua presenza a Mosca come giurato al Festival Road to Yalta, una sorta di Sanremo russo. Si era tirato indietro, ricorderete, ma non per le polemiche che ne erano nate intorno alla guerra.

Minacce di che tipo? Fisiche? «No, a quelle sono abituato: in genere arrivano dai social, poi se vai fino in fondo sono sciocchi. Ma stavolta chi mi ha pescato voleva minacciare il mio lavoro». Ed è il cuore della sua vita, non solo per se stesso. «Personalmente potrei permettermi anche una pausa. Ma con me c’è una squadra importante: famiglia, amici, tanti collaboratori. Non posso permettermi un passo del genere: vivono accanto a me e della mia attività fanno un punto di riferimento per mantenere a loro volta le famiglie».

Da qui il passo indietro. Ma chi poteva arrivare a bloccare il suo lavoro? «Non farò nomi, sia chiaro: è il frutto di un sistema, in apparenza una democrazia, in realtà non puoi dire quello che pensi o ne paghi le conseguenze». Dura con chi il suo pensiero lo ha trasformato non solo in una scelta di vita ma perfino in spettacoli, racconti in musica e altro.

Ma stavolta ha mandato avanti la prudenza. «A convincermi sono stati proprio gli organizzatori del festival. Gli ho raccontato tutto, sono stati i primi a dire: «No, Enzo non devi mettere a rischio la tua incolumità fisica e professionale ma soprattutto quella di chi vive del tuo lavoro».

Una frenata partita da Mosca, arrivata in Belgio, dove Enzo era al momento della scelta, e che ieri ribadisce sulla via di Bologna, dove c’era ad aspettarlo un altro concerto: uno dei tanti partiti con l’abbrivio della serata zero a Castiglion Fiorentino.

Sul merito della guerra e della pace Enzo risponde sul sito. «E’ un conflitto tra parenti, che noi non possiamo giudicare con la superficialità di chi divide un aggredito dall’aggressore o il mondo tra buoni e cattivi». Di una cosa è certo. «Spero che presto torni la pace, voglio tornare a cantare in Russia, in Ucraina, ovunque. Come ho sempre fatto negli anni, da entrambe le parti, quando c’era la pace, quando i due popoli erano fratelli e quando non era iniziata questa faida familiare».

Un incubo che Pupo vuole esorcizzare con le sue canzoni. «Sono per la pace e non per la guerra: e comunque tutte le canzoni sono un’opera d’arte culturale,. che una volta pubblicata appartiene a tutti». E lo dice precisando che lui con i suoi pezzi non ha mai voluto lanciare messaggi. «Non fa parte del mio stile: da questo punto di vista i miei pezzi son o granelli di sabbia rispetto a chi lavora per la pace nel mondo». Il suo gesto più eclatante lo aveva fatto al teatro Petrarca: si era presentato allora con in mano due quadri, uno che rappresentava Mosca e uno che rappresentava Kiev. E lui nel mezzo, come a simboleggiare un perfetto equilibrio: quello che ora vorrebbe ritrovare.