Il crollo di Cantarelli fu bancarotta Condannato il rampollo Alessandro

L’ex dirigente dell’azienda di moda se la cava con un anno e 8 mesi per il reato "preferenziale". I legali valuteranno di fare appello dopo le motivazioni. La storia travagliata conclusasi nel 2018.

Un anno e 8 mesi per bancarotta preferenziale. Se la cava con una pena mite Alessandro Cantarelli, a processo per il fallimento dell’azienda di famiglia avvenuto nel 2018: un anno e 8 mesi la condanna per il rampollo della dinastia imprenditoriale della moda con base in Valdichiana.

Per Cantarelli è caduta l’accusa di bancarotta fraudolenta, viene riqualificata in bancarotta preferenziale: insomma secondo il giudice l’imprenditore non ha distratto volontariamente risorse per procurare il fallimento dell’azienda ma al più ha erroneamente pagato non rispettando l’ordine dei privilegi tra i creditori. La bancarotta preferenziale è infatti un reato previsto per punire chi, a seguito di un fallimento aziendale, decide di soddisfare alcuni creditori rispetto altri, non rispettando il principio della par condicio.

Secondo l’accusa l’imprenditore Alessandro Cantarelli avrebbe percepito indebitamente circa due milioni di compensi negli ultimi dieci anni di vita della ditta, fino al luglio 2018, data del fallimento. In realtà Cantarelli era stato estromesso dall’azienda già con l’avvento del commissario straordinario nel novembre del 2015. Per il pm la somma complessiva oggetto della presunta distrazione di risorse sarebbe stata “prelevata senza aver cura dei richiami formulati dall’organo di vigilanza circa l’entità del compenso”.

Il tracollo dell’azienda Cantarelli (con stabilimenti a Rigutino e Terontola, poi soltanto in quest’ultimo) avvenne senza che lo Stato, le istituzioni, i sindacati, riuscissero a trovare il modo di salvare una storia imprenditoriale di livello e circa 250 posti di lavoro. A novembre 2015 venne respinta dal tribunale la proposta di concordato avanzata da Cantarelli per risollevare l’impresa. La parola fine con il fallimento arrivo due anni e mezzo dopo con l’entrata in scena dei curatori Salvatore Sanzo e Lucia Stefani dalla cui relazione è scaturita l’attività di indagine. Atto conclusivo, la vendita di marchio, magazzino e fabbrica di Terontola ai bulgari Yordanov che dopo aver pagato 1,75 milioni hanno abbandonato lo stabilimento di Terontola.

A distanza di quasi quattro anni dall’aggiudicazione definitiva, la presenza dei bulgari è risultata impalpabile. Il capannone industriale è vuoto e inattivo, sarebbe stato risolto il rapporto di lavoro con la manciata di dipendenti che erano stati ingaggiati per gli uffici. L’avvocato di Cantarelli, Niki Rappuoli, attende i canonici 90 giorni con le motivazioni della sentenza per presentare eventuale appello.

Federico D’Ascoli