SARA
Cronaca

"Esprimi un desiderio: cade una stella". Bianca, Stefano e i sogni da inseguire

Pubblichiamo un brano del libro di Sara Fabbrini, presentato ieri a Terranuova con Leonardo Pieraccioni che ha scritto la prefazione

"Esprimi un desiderio: cade una stella". Bianca, Stefano e i sogni da inseguire

Sara

Fabbrini

razie Bianca, sei la sorellona migliore del mondo!"

"Lo so!" gli avevo detto compiaciuta e poi mi ero voltata verso la finestra.

"Guarda che bel cielo che c’è stanotte" avevo detto avvicinandomici, con occhi sognanti.

"Bianca, Bianca, voglio vedere anch’io!" Era corso verso di me, così lo avevo preso in braccio e per avvicinarlo al davanzale.

"Guarda Stefanino, quelle sono stelle, mentre quella grande palla laggiù è la Luna".

"Wow, sono bellissime... Bianchina, hai visto?! Cos’era quel lumino che è passato velocissimo?"

L’avevo visto anch’io, e subito avevo stretto forte le mani e chiuso gli occhi. "Ma cosa stai facendo? Stai pregando?"

"Ma no, grullo..." avevo risposto io ridendo. "Ho espresso un desiderio".

"Un desiderio? E perché?"

"Perché quella era una stella cadente e quando se ne vede una si esprime un desiderio, ed è proprio quello che ho fatto".

"Ma perché si deve esprimere un desiderio? E poi l’avevo vista prima io, me l’hai rubato. Lo rivoglio indietro!".

"Tranquillo, non te l’ho rubato. Sono sicura che quella stella fosse abbastanza grande da poter portare con sé ben due desideri. Vedi, è come se il cielo piangesse le lacrime di qualcuno che ha smesso di credere in qualcosa e lo volesse regalare a chi ancora riesce a sognare, a chi ancora riesce a sperare, a lottare. Insegui sempre i tuoi sogni fratellino, esprimi un desiderio".

"Lumino, da grande io vorrei..." aveva cominciato rivolgendosi al cielo, stringendo le mani e strizzando gli occhi.

"Fermo fermo fermo! Non lo dire ad alta voce! Altrimenti non si avvererà".

"Oh, okay". E aveva richiuso gli occhi. Il babbo rimase qualche secondo senza parlare.

"Certo che io non mi sono mai accorto di nulla..." disse rompendo il silenzio.

"Babbo, ma te tornavi da calcetto alle dieci di sera ti facevi la doccia e poi andavi a “guardare il calcio”" dissi mettendo la frase tra virgolette.

"Oh, Bianca come il latte rossa come il sangue, che vorrebbe dire “guardare il calcio”?" Imitò il mio gesto tra virgolette. "Io sono un uomo di sport, tutti da parte di babbo sono uomini di sport da generazioni e generazioni e...".

"Sì, certo babbo. Siete ma una generazione di dormiglioni, venvia!" lo interruppi io "Appena tocchi il divano ti scatta la dormita automatica con la russata incorporata".

"Bianchina, sta’ attenta a quel che dici che io non russo più da quando la Beppina picchiò con la scopa dal piano di sotto alle sei di mattina perché pensava che avessi acceso il trapano".

"Eh sì babbo, infatti un mese fa ha suonato al campanello perché pensava tu stessi provando un nuovo martello pneumatico".

"Al campanello? Io non l’ho mica sentita...".

"Io sì babbo! Se non si cambiava casa il lumino te lo venivo a mettere per davvero, accanto a quello di mio fratello". Noi facciamo così, ogni tanto ci ironizziamo su. Ma non è una mancanza di rispetto. È come quando da piccoli lui mi diceva “brutta cattiva” e io a lui “testa a pinolo”, noi potevamo. Ma guai se ci provava qualcun altro.

Funziona così tra fratelli e sorelle, quella di offendersi e prendersi in giro è prassi, non si è veramente imparentati se non succede.

"Ora devo andare a lezione" ripresi io. "Altrimenti la borsa di studio me la sogno".

"E l’albero? Non è finito ancora".

"Lo so lo so, non ti preoccupare, oggi la lezione dura meno quindi possiamo finire appena torno. Sai, alla fine mangeremo anche un po’ di pandoro tutti insieme".

"Ganzo, va bene, vuoi che ti accompagni?"

"No, tranquillo vado a piedi. Mi piace girare per il paese a quest’ora. Semmai ti aspetto dopo, ti mando un messaggio appena finisco e magari un po’ di pandoro ce lo portiamo a casa per stasera. Ciao babbo, a dopo".

Appena chiusa la porta dietro le mie spalle mi ricordai di non aver preso il caricabatterie del cellulare; quindi mi avvicinai alla finestra per attirare l’attenzione del babbo e non dover rientrare, ma lui era immobile davanti all’albero, con Lumino in mano, a pensare a tutto quel-

lo che gli avevo raccontato.

Anche se voi, lettori, non sapete qual è il desiderio di Stefano, io lo conosco e lo avevo detto al babbo, o meglio glielo avevo disegnato. Perché i desideri, se si dicono ad alta voce, poi non si

avverano. Il mio babbo si girò verso la finestra e si diresse lì, allora io mi affiancai al muro cercando di captare qualche suo pensiero ad alta voce perché sì, quando è solo parla ad alta voce. Poi spostò la tenda e rimase con gli occhi puntati al cielo. "Lumino, perché non si realizza il sogno del mio bambino?".

Iniziò improvvisamente a nevicare. "A lui piaceva tanto la neve, lo prendo come un buon segno!".

Da quel giorno iniziammo a realizzare il suo sogno. Quando qualcuno se ne va non tutto svanisce insieme a lui, e sicuramente Stefanino e il suo desiderio erano più presenti che mai.