
Distretto orafo aretino
Arezzo, 2 settembre 2025 – A pochi giorni dall’apertura della manifestazione internazionale Vicenzaoro, l’Area Studi Mediobanca presenta i risultati dell’indagine sulle imprese operanti nel sistema orafo-argentiero-gioielliero italiano alle quali, tra la metà di marzo e la fine di giugno 2025, è stato somministrato un questionario per la raccolta di informazioni di tipo congiunturale, previsionale e strutturale che integrano quelle contenute nel Report “Il settore orafo-argentiero-gioielliero in Italia” pubblicato lo scorso gennaio.
Il panel delle aziende oggetto di questo approfondimento è stato ampliato a circa 250 società di capitali con fatturato superiore ai 5 milioni di euro, le cui vendite rappresentano il 90% dell’intero sistema orafo-argentiero-gioielliero italiano.
Il documento, che contiene un focus su tre distretti produttivi d’eccellenza - Arezzo, Vicenza e Valenza -, è arricchito da un contributo del Centro Studi di Confindustria FEDERORAFI sulle recenti tendenze relative al commercio con l’estero e ai dati complessivi di sistema.
Crescita sostenuta fino al 2024, ma forte incertezza per il futuro
Le imprese del sistema orafo-argentiero-gioielliero monitorate dall’Area Studi Mediobanca dichiarano di aver chiuso il 2024 con un fatturato in incremento del +5% (dato mediano) rispetto all’anno precedente, con andamenti differenziati a seconda della localizzazione delle imprese.
Si segnalano, infatti, performance particolarmente brillanti nei distretti di Arezzo e di Vicenza (+8% entrambi), seguiti dalle aree residuali (+2%) e negative per Valenza (-3%). È forte l’incertezza sul 2025: il 45% delle imprese prevede un aumento del fatturato, ma il 43% si attende un calo e il 12% prospetta una stabilità.
L’analisi territoriale evidenzia una marcata eterogeneità tra i distretti produttivi. In particolare, Arezzo (52%) e Valenza (50%) mostrano maggiore ottimismo rispetto alla media. Al contrario, Vicenza e le altre aree registrano percentuali più elevate di calo (46% e 41%) rispetto agli incrementi (42% e 35%). In generale, la quota di aziende orafe fiduciose in un aumento delle vendite totali è comunque inferiore a quella riferita alle imprese manifatturiere del IV Capitalismo nel loro insieme (45% vs 58%).
La preoccupazione per le sfide globali non ferma le imprese Le previsioni per il 2025 sono condizionate da uno scenario globale in continua evoluzione: il 77,8% delle aziende del comparto orafo-argentiero-gioielliero esprime forte preoccupazione per l’incertezza geopolitica.
A questo si aggiunge il timore per l’inasprimento delle politiche protezionistiche, segnalato dal 61,9% delle imprese. Tra le ulteriori criticità si evidenzia l’intensificarsi della concorrenza di prezzo che riguarda il 41,3% delle imprese. Preoccupano inoltre l’aumento dei costi energetici (33,3%) e le difficoltà legate al reperimento e alla fidelizzazione delle risorse umane e delle competenze (30,2%).
La questione geopolitica si conferma la principale fonte di incertezza in tutti i territori, mentre la tematica dei dazi risulta particolarmente sentita nei distretti di Arezzo e Vicenza, dove viene indicata rispettivamente dal 70% e dal 68,2% delle aziende. Nonostante il contesto sfidante, le imprese mostrano una chiara volontà di reagire attraverso strategie orientate alla crescita.
La maggior parte di esse intende espandere la propria presenza su nuovi mercati (61,5%), sviluppare nuovi prodotti e servizi (60%) e rafforzare gli investimenti in ambito tecnologico (44,6%). In misura minore si evidenziano anche l’interesse verso l’aumento delle dimensioni aziendali (26,2%) e l’attivazione di collaborazioni strategiche con altre realtà imprenditoriali (23,1%).
Nei distretti di Arezzo, Valenza e Vicenza, l’orientamento alla crescita internazionale è particolarmente marcato (tra il 61,9% e il 68,2%), così come l’attenzione all’innovazione di prodotto (tra il 57,1% e il 68,2%). Nelle aree residuali, invece, si punta soprattutto sulla tecnologia (53,8%).
ESG e transizione sostenibile: impegno crescente, ma ancora disomogeneo Sebbene anche il comparto orafo-argentiero-gioielliero mostri segnali di attivazione, il livello di coinvolgimento nell’adozione delle tematiche ESG risulta inferiore rispetto ad altri settori: il 61,5% delle imprese ha avviato iniziative di sensibilizzazione, con picchi significativi nel distretto di Valenza (77,8%), mentre Arezzo (60%), Vicenza (59,1%) e le altre aree (57,1%) si collocano al di sotto della media nazionale.
Si tratta di dati che sollevano interrogativi se si considera anche che oltre l’80% delle aziende appartenenti al IV Capitalismo è già impegnato in questa attività. Sul fronte operativo, il 70% delle aziende dichiara un impegno concreto nella gestione responsabile delle catene di approvvigionamento, mentre oltre due terzi mostrano attenzione alla riduzione delle fonti fossili, all’uso di energie rinnovabili, alla gestione dei rifiuti e al riciclo.
Tuttavia, la burocrazia resta il principale ostacolo all’adozione di strategie sostenibili (33,3%). Le motivazioni che spingono le imprese verso pratiche ESG sono prevalentemente interne – efficienza energetica (67,5%) e visione imprenditoriale (65%) – seguite da pressioni provenienti dall’esterno, come l’adeguamento normativo (60%), il miglioramento della reputazione (50%) e le richieste del mercato (40%), mentre il miglior accesso al mercato dei capitali ha un’incidenza limitata (17,5%).
La gestione ESG è affidata principalmente a manager con funzioni non specifiche (23,6%) o ai titolari/soci (20%). Marginale la presenza di responsabili con specifiche competenze ESG (10,9%). L’impegno, soprattutto per la salvaguardia dell’ambiente, ha consentito di raggiungere alcuni risultati degni di nota: il 69% delle imprese ha ridotto il consumo d’acqua, il 50% quello di rifiuti pericolosi e il 45% ha aumentato l’uso di materiali riciclati.
Tuttavia, vi sono spazi di miglioramento: solo il 18,2% delle imprese, ad esempio, utilizza energia rinnovabile per oltre l’80% del fabbisogno, mentre la quota di energia autoprodotta è ferma al 14%. Inoltre, il 59,1% degli operatori dell’orafo-argentiero-gioielliero non adotta modalità strutturate di comunicazione ESG (Report di sostenibilità, Bilancio aziendale, etc).
A ciò si aggiunge che solo il 33,9% delle imprese ha avviato un percorso strategico per la riduzione delle emissioni, e meno della metà (il 45%) ritiene realistico il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Capitale Umano: un modello più inclusivo degli altri settori Il settore conta circa 1.870 società di capitali, con un’età media di 22 anni.
La forza lavoro impiegata nel 2024 è stata pari a circa 19.000 addetti (+3,2% rispetto al 2023), di cui il 51% donne, un dato che evidenzia una inclusività di genere superiore alla media del manifatturiero nazionale dove le quote rosa si fermano al 28%. Sono notevoli le differenze a seconda del distretto di appartenenza: a Vicenza la quota sale al 63%, a Valenza al 54%, nelle aree residuali al 55%, mentre ad Arezzo prevale la presenza maschile (60% uomini, 40% donne).
L’85% delle imprese è a conduzione familiare, con Consigli di amministrazione composti mediamente da tre membri. Tendenze recenti sul commercio con l’estero ed impatto nuovi dazi USA (a cura del Centro Studi di Confindustria FEDERORAFI) Dopo aver archiviato il 2024 con una crescita significativa dell’export (+41,4%), i primi cinque mesi del 2025 mostrano una flessione delle esportazioni settoriali pari al -15,2% (a/a), in peggioramento rispetto al -9,1% del primo trimestre.
A fronte di una simile dinamica, l’export di periodo si ragguaglia a 5.880 milioni di euro. A influenzare negativamente il risultato incide soprattutto il calo dell’export diretto verso la Turchia che, dopo gli aumenti “anomali” del 2024 e l’introduzione di contromisure governative, registra una contrazione del 42,2% da gennaio a maggio 2025 continuando comunque ad assicurare il 25,8% del totale export di periodo.
Crescono, invece, le vendite estere di periodo dirette negli Emirati Arabi Uniti (+18,5%) e in Svizzera (+15,3%). L’export verso gli Stati Uniti registra una preoccupante flessione del 18,9%, riducendo la quota di mercato delle vendite orafe-argentiere-gioielliere in questo Paese all’8,3% del totale. In calo anche Francia (-20,4%) e Irlanda (-26,8%), nonché Hong Kong ma su ritmi più contenuti (-3,7%).
Al contempo, prosegue la crescita dei flussi diretti nei Paesi Bassi, Germania, Regno Unito e Panama. Nel Far East, nel periodo in esame l’export verso Giappone e Cina si è incrementato rispettivamente del +16,4% e del +20,6%. Nel periodo gennaio-maggio 2025, le importazioni di oreficeria hanno registrato un incremento del 3,1%, raggiungendo un valore complessivo di 960 milioni di euro, ancora al di sotto della soglia del miliardo.
Nonostante ciò, il saldo commerciale del comparto si conferma ampiamente positivo, attestandosi a 4.920 milioni di euro. Tuttavia, rispetto allo stesso periodo del 2024, si osserva una flessione del 18%, pari a circa 1.080 milioni di euro in meno. Secondo l’analisi del Centro Studi di Confindustria FEDERORAFI, il recente accordo USA-UE del 27 luglio 2025 – che prevede l’imposizione di un dazio pari al 15% baseline anche ai prodotti orafi – potrebbe comportare, soprattutto per le aziende di piccole e medie dimensioni e per il prodotto unbranded, un’erosione fino al 75% del valore aggiunto.
Si stima quindi che per garantire adeguati margini sia necessario intervenire con un aumento del prezzo di vendita negli USA pari a circa il +20%. Per il futuro si dovrà valutare se e quali eventuali spazi di mercato USA si potranno (ri)aprire per il gioiello italiano a fronte delle penalizzazioni daziarie previste anche per gli altri Paesi competitor dell’Italia (in primis India) e quale sarà la capacità da parte della produzione locale statunitense di soddisfare la domanda interna.