Caso Piscaglia, il processo civile va avanti. La famiglia chiede un milione alla diocesi

AREZZO

Sono trascorsi nove lunghi anni dalla scomparsa di Guerrina Piscaglia da Cà Raffaello. Se la vicenda penale si è conclusa con la rinuncia da parte di Gratien Alabi, l’ex religioso congolese condannato a 25 anni per omicidio e distruzione di cadavere, alla revisione del processo, va avanti il procedimento civile intrapreso dalle sorelle e dalle nipoti di Guerrina. Hanno infatti avanzato una richiesta di risarcimento danni nei confronti della diocesi di Arezzo Cortona e Sansepolcro e dell’ordine dei Premostratensi, ai quali apparteneva padre Graziano. Anche il marito della donna, Mirco Alessandrini, ha intentato una causa. In entrambi i casi, le famiglie chiedono un milione di euro di risarcimento. I procedimenti si svolgono di fronte al giudice Fabrizio Pieschi. Le legali delle sorelle, Chiara Rinaldi e Maria Federica Celatti, hanno spiegato che "L’abito talare fu una vera e propria conditio sine qua non della relazione sessuale prima e dell’evento morte poi" poiché "pose padre Graziano nella condizione di poter più agevolmente compiere il fatto dannoso". Inoltre sostengono che, l’ex vescovo Riccardo Fontana al tempo sarebbe stato informato della relazione fra Gerrina e Padre Graziano tramite la lettera di una parrocchiana, e che avrebbe avuto la facoltà di rimuovere il frate assegnato alla parrocchia.