FEDERICO D’ASCOLI
Cronaca

Butali: l’azienda è come una grande famiglia

Parla Alessandro: "Io diretto come la mamma, Francesco riflessivo come il babbo. Con i dipendenti la conflittualità è ridotta a zero"

di Federico D’Ascoli

L’ufficio di Vera, morta un anno fa, è ancora chiuso a due mandate. Alessandro trova la chiave e la gira nella toppa e quando entra gli viene un nodo alla gola guardando le foto e la scrivania che nessuno ha avuto il coraggio di toccare dalla primavera scorsa. La sede di Butali Spa a San Zeno è un grande parallelepipedo di cemento armato, la direzione è un lungo corridoio che arriva da una parte all’altra dello stabile. Un’azienda che solo in provincia di Arezzo dà lavoro a 150 persone che diventano 730 considerando la catena di 35 negozi che si ramifica in Toscana, Umbria, Marche e Liguria. Eppure si respira ancora l’aria di una sana azienda di famiglia in cui le immagini di Benito e Vera, dei figli, dei nipoti e dei pronipoti sono ovunque, come in un salotto di casa più che in un gruppo della grande distribuzione specializzato nell’elettronica di consumo. Alessandro è il presidente, Francesco l’amministratore delegato, in azienda ci sono già Silvia e Antonio a rappresentare la terza generazione. "Io e mio fratello abbiamo sempre respirato il clima aziendale: d’estate quando non c’era la scuola invece che giocare con gli amici venivamo in azienda, a dare una mano in magazzino o in giro con nostro padre a incontrare i clienti" racconta Alessandro Butali.

Ingegner Butali, prima la pandemia di cui vediamo (faticosamente) la fine. Adesso la guerra. Sembra la tempesta perfetta.

"Da una parte c’è la paura che è un aspetto psicologico che incide sull’acquisto di beni come i nostri che sono utili e durano anni ma che possono anche essere rimandati. Dall’altra c’è l’aumento dei costi energetici: se le famiglie spendono molto di bollette è chiaro che si riducono i consumi. Inutile negare che è un momento molto difficile ma il senso di appartenenza all’azienda è un aspetto che considero fondamentale. Con i dipendenti la conflittualità è ridotta a zero. Ne usciremo tutti insieme".

Qual è l’insegnamento più importante che ha ricevuto dai suoi genitori, dal punto di vista imprenditoriale?

"Diciamo che io e mio fratello abbiamo ereditato i caratteri dei nostri genitori. Io sono più simile a nostra mamma Vera, più emotivo e più diretto, mio fratello Francesco, più riflessivo e più commerciale, come nostro babbo Benito. Siamo complementari, come lo erano loro".

Che importanza ha nel vostro settore l’avvento delle vendite online?

"Occupa circa un quarto del nostro fatturato. Ci sono tantissimi siti specializzati, è chiaro che nei prossimi anni l’importanza è destinata ad aumentare".

Il settore dell’elettronica ha visto nel suo complesso una profonda trasformazione dei formati di punto vendita, Butali è passato dai piccoli negozi di vicinato in giro per la città a superfici più grandi.

"La nostra visione non è quella di definire un unico format che possa andare bene in tutte le situazioni, ma è quella di identificare una serie di caratteristiche che rendano il punto vendita più interessante in quel territorio. Sono importanti gli spazi dedicati alla vendita dei servizi e all’assistenza, sui quali stiamo concentrando gli sforzi".

Non ci sono solo i negozi di elettrodomestici, c’è anche "la tv degli aretini", Teletruria. Che importanza ha un’emittente nel mondo dell’informazione online?

"Sono abituato a giudicare dai numeri e in base all’audience Teletruria in provincia di Arezzo è leader indiscussa. Nel linguaggio popolare si dice ‘lo diranno a Teletruria’, segno che l’emittente rappresenta qualcosa di importante per questa terra. C’è stata molta selezione negli ultimi anni, noi riusciamo a far tornare i conti soprattutto grazie agli investimenti che abbiamo fatto sulle persone e sulla tecnologia".

A proposito di simboli dell’aretinità suo padre è stato presidente dell’Arezzo nella seconda metà degli anni Ottanta, un’esperienza agrodolce...

"Io e mio padre abbiamo sempre avuto il cuore amaranto. Mi ricordo da piccolissimo le partite che ho visto al vecchio stadio Mancini. L’Arezzo in questa categoria mi fa star male. Manca la passione di un presidente aretino come succedeva ai tempi di mio babbo, di Terziani e di Montaini. Era un altro mondo: mi ricordo la Maratona piena, oggi invece allo stadio vanno in pochi. Noi con Teletruria cerchiamo di dare lo spazio che l’Arezzo merita con le dirette delle partite in trasferta".