FEDERICO D’ASCOLI
Cronaca

La mannaia di Donald sulle imprese. I super dazi al 30% frenano l’export

L’effetto delle nuove tariffe doganali pesa sull’oro che già pagava quasi il 16%. Con gli States affari da 200 milioni

L’effetto delle nuove tariffe doganali pesa sull’oro che già pagava quasi il 16%. Con gli States affari da 200 milioni

L’effetto delle nuove tariffe doganali pesa sull’oro che già pagava quasi il 16%. Con gli States affari da 200 milioni

L’economia aretina è di fronte a una minaccia commerciale senza precedenti. I dazi al 30% su qualsiasi merce annunciati dagli Stati Uniti sui beni europei. Misura ancora in fase di definizione dall’imprevedibile Donald Trump ma già sufficiente a generare apprensione in un territorio che, nonostante la diversificazione geografica, continua a guardare oltreoceano come a uno dei mercati di riferimento. L’export aretino ha registrato una crescita complessiva spinta dall’oreficeria e dai metalli preziosi. Dentro numeri positivi, tuttavia, il sistema moda che comprende tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature, ha avuto performance più contenute. Davanti è arrivata l’elettronica con tante aziende impegnate su componenti e sistemi per automazione e motori: un export da 76 milioni all’anno.

Nel corso dell’anno si è osservata una ripresa dell’export moda aretino nei vari comparti, con leggere flessioni solo in alcuni segmenti, mentre l’agricoltura ha mostrato una crescita significativa, con il settore primario che rappresenta un valore aggiunto per la provincia.

Il comparto agricolo, pur meno rilevante in valore assoluto rispetto alla manifattura, beneficia della forza della Valdichiana: cereali, ortaggi, vino, olio e allevamento rappresentano una parte significativa delle attività locali. L’agroalimentare mantiene una crescita stabile a livello regionale.

Il panorama internazionale impone riflessioni: con il settore moda nazionale in fase di leggera flessione, Arezzo ha saputo contenere i danni grazie a dinamiche produttive positive e a filiere legate al made in Italy. La pelletteria e le calzature aretine hanno mostrato ottimi risultati nel primo trimestre dell’anno, segnando incrementi importanti rispetto ai periodi precedenti.

Il settore orafo è quello che trema di più: negli Stati Uniti, le aziende orafe aretine hanno venduto ingenti volumi in gioielli e metalli preziosi. Nel primo trimestre dell’anno la quota export verso gli Usa ha subito una flessione, segnando un calo rispetto ai periodi precedenti.

La flessione riflette il clima di incertezza legato proprio alla possibile imposizione dei dazi, che colpirebbero direttamente i prodotti finiti importati da oltreoceano, rendendoli meno competitivi rispetto alla concorrenza asiatica.

Tra i principali mercati di sbocco del distretto la Turchia, che aveva assorbito una quota rilevante di export aretino, è in caduta libera. Meglio gli Emirati Arabi Uniti ma gli Usa si posizionano tra i principali mercati, rappresentando ancora un mercato chiave per valore e prestigio.

A pesare sulle imprese non è solo la minaccia dei dazi, ma anche il boom del prezzo dell’oro, che si è fermato oltre quote 92 euro al grammo.

Un aumento che comprime i margini per le aziende orafe, specie quelle di dimensioni medio-piccole, che rappresentano la maggioranza del tessuto produttivo. In uno scenario dove l’export vale una quota significativa del fatturato, anche una contrazione marginale nei mercati più redditizi può tradursi in tagli alle commesse e riduzioni dell’orario lavorativo.

"Fino a poco tempo fa le imposte doganali erano al 6%, oggi siamo al 16%, e con le nuove misure rischiamo di salire ancora. Un grammo d’oro da 91 euro arriva a costare oltre 120 dollari. Così perdiamo fette di mercato" spiega Mauro Benvenuto, dirigente di Cna e presidente di turno della Consulta orafa: "L’incertezza pesa come il piombo: è un momento di sofferenza, ma la qualità del nostro prodotto resta il punto di forza. Bisogna tenere duro".

Il futuro resta incerto, ma Arezzo ha dalla sua la forza di un modello produttivo flessibile e radicato. I dazi, se entreranno in vigore, saranno un ostacolo concreto. Ma le imprese locali sembrano aver già imboccato la strada della reazione. La sfida è aperta.