
di Alberto Pierini
L’oro verde, che qualcuno centellina dalla pompa come fosse il più prezioso dei materiali o l’ultima goccia dell’amaro più amato. Ma l’amaro, in bocca, è quello dei consumatori, costretti ad incrociare le ferie con l’aumento del carburante. E insieme dei gestori dei distributori, che dai tocchi e ritocchi della benzina o del gasolio hanno di sicuro tutto da perdere anche loro.
Il quadro di sintesi è quello che trovate qui sopra, in un grafico che valorizza le cifre più importanti. Anche Arezzo soffre del caro carburante, uno dei prezzi più discussi a livello nazionale. Abbiamo fatto un punto a due giorni fa, galleggiando tra i valori che le stesse stazioni di servizio comunicano al ministero per lo sviluppo economico. Non tutti lo fanno, anche rischiando, come dimostrano le sanzioni arrivate dalla Finanza. Ma i più sì e questo basta ed avanza a disegnare le coordinate della situazione.
Siamo anche qui al picco nazionale: perfino un po’ più avanti, visto che il prezzo di 1,65 al litro della verde in provincia si assesta a 1,66. Un ritorno alle tariffe del 2018. Stesso discorso anche per il gasolio, sul tetto di 1,52. Lo stesso ma non troppo. Perché l’aumento del diesel rispetto alla benzina non è mai nella stessa proporzione e quindi la forbice tra i due carburanti di punta si è allargata da 11 a 14 centesimi.
Prezzi uguali ma non per tutti. Come potete vedere, in città siamo leggermente sotto a buona parte della provincia, forse per la marcatura stretta che si fanno le decine di impianti che qui cercano fortuna. Un criterio che sembra valere in generale. Il Casentino è la vallata che ha meno distributori ma anche quella dove il prezzo medio è più alto rispetto alle altre. Il Valdarno, che è aperto sui due rami e quindi deve tenere conto anche del versante fiorentino, è l’unica zona sotto il tetto di 1.60 al litro. Parliamo, sia chiaro, di prezzi medi e self service. Le punte massime in questo campo viaggiano ben sopra 1.70. E se andiamo a scomodare il prezzo "servito" vediamo spuntare qua e là i famosi due euro che anni fa avevano affollato le cronache.
Altra distinzione: l’autostrada. la media dei quattro impianti che gravitano sul nostro territorio fissa un prezzo superiore, che nel caso della benzina è di 1.71 e nel caso del gasolio di 1.58. L’aumento, in linea con quelli nazionali, è del 18% rispetto ad un anno fa e di circa il 13% rispetto a gennaio. La differenza pesa sul pieno. Come?
Prendiamo come al solito l’esempio di un’auto di media cilindrata con un serbatoio di circa 60 litri. Una simulazione, è chiaro, perché ce ne sono di tutti i tipi. Ognuno di quei litri invece di costare 1,37 come un anno fa o 1,42 come gennaio, si impenna al nostro fatidico 1,66. Ed ecco che il pieno dagli 82 euro e qualcosa del 2020 si arrampica oltre i 99, diciamo per praticità alle soglie dei cento.
Altra simulazione: prendiamo un pendolare per Firenze, di quelli che dal lunedì al venerdì viaggiano nelle due direzioni, preferendo il mezzo privato al treno. Distanza circa 85 chilometri che diventano 170 di andata e ritorno. Chilometri che su base mensile diventano poco meno di 4000, diciamo 3740.
Con un’auto che abbia un consumo medio di 15 chilometri al litro, di litri ce ne vogliono 250. Per una spesa mensile che un anno fa sarebbe stata di 342 euro e ora di 415. Insomma, una differenza a fine anno di 876 euro. Quasi mille in più solo per andare e tornare dal lavoro. I buontemponi non si crollano: pazienza, dicono, tanto noi mettiamo ogni volta dieci euro. Ma che sotto sotto anche loro ci perdano qualcosa?