
Antonio Moretti
Arezzo, 26 novembre 2018 - Antonio Moretti, il re del vino e dell’abbigliamento, comparirà davanti al Gip Piergiorio Ponticelli mercoledì: è stato infatti fissato il calendario degli interrogatori di garanzia. Lo stesso giorno dal giudice anche Andrea, il figlio del capostipite. Venerdì toccherà ai colpiti dalle misure interdittive mentrre sabato sarà il turno degli altri due ai domiciliari, ovvero Paolo Farsetti e Marcello Innocenti.
Intanto Antonio ha parlato ieri con il suo avvocato Stefano Campanello, calato dal Piemonte fino a Castiglion Fibocchi, dove padre e figlio sono rinchiusi nella villa di famiglia, il cuore della tenuta Setteponti paradiso degli enologi e delle bottiglie di qualità, a cominciare dall’Oreno. Difensore e cliente hanno parlato a lungo, anche se ben poco trapela di quanto si siano detti.
Di certo, adesso, entrambi si trovano dinanzi a un dilemma. Il bivio è lo stesso che devono affrontare tutti i destinatari di una misura cautelare, in attesa di essere interrogati dal Gip: meglio avvalersi della facoltà di non rispondere e quindi evitare il rischio di scoprire per primi le carte senza sapere ancora tutto quello che ha in mano la controparte, oppure rispondere subito, abbozzando fin dai primi giorni una strategia difensiva precisa, che poi sarà difficile cambiare? E’ una domanda che vale per Antonio, il capostipite di questa dinasty della buona società aretina, ben introdotta anche nel jet set nazionale, ma anche per il figlio ai domiciliari come lui e per gli altri di famiglia destinatari delle interdizioni dalle cariche sociali: la moglie Luciana Lofranco, una Lebole a tutto tondo, gli altri figli Alberto e Amedeo, la sorella Giovanna e la nuora Chiara Paghera, moglie di Andrea.
DI TEMPO per rispondere ancora ce n’è. Fino a mercoledì si può continuare ad approfondire l’esame della corposa ordinanza, oltre cento pagine scritte dal giudice con il consueto puntiglio e la solita precisione. Un riepilogo puntuale di fatti e intercettazioni che sostanziano l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, all’autoriciclaggio e a numerosi reati fiscali, più il mendacio bancario, le bugie che i Moretti avrebbero raccontato alle banche creditrici per ottenere i prestiti, comprese le fatture compilate fra una società del gruppo e l’altra che venivano scontate per avere gli anticipi creditizi.
LO SCHEMA dell’accusa è chiaro: il gruppo aveva per padroni, anche se formalmente senza alcuna carica sociale, i due Moretti, Antonio e Andrea. Gli altri facevano da prestanome, mettendoci la faccia con gli incarichi ricoperti ma senza il potere reale di decidere. Come replicheranno gli accusati fin dalle prime mosse dinanzi al Gip? C’è da considerare anche il complesso delle intercettazioni ambientali che la Finanza ha realizzato dal gennaio 2018 con le cimici piazzate negli uffici del gruppo in via Calamandrei. «Io non ho un c...», dice Antonio, quando si profila un’azione di Mps per recuperare un credito. «E’ tutta una scatola - incalza Marcello Innocenti, braccio destro pure lui ai domiciliari con un altro collaboratore ai domiciliari, Paolo Farsetti - bisogna farla galleggiare per un po’».