MARIANNA GRAZI
Cronaca

Il racconto di un infermiere: “Aggredito da un malato in strada”. Insulti e sassate ai soccorritori

Il soccorritore ra in servizio nel giorno contro la violenza alla categoria. “È una vera emergenza”

Il 12 marzo ricorre in Italia la giornata contro la violenza al personale sanitario

Il 12 marzo ricorre in Italia la giornata contro la violenza al personale sanitario

Arezzo, 14 marzo 2025 – Nella giornata nazionale contro le aggressioni al personale sanitario, il 12 marzo, era come sempre al lavoro. “Un lavoro che ho scelto e che non sarà un episodio come quello che mi è capitato, che poi non è solo uno, a farmi lasciare”. Bruno Bruschi è un infermiere della centrale operativa emergenza urgenza ad Arezzo e due anni fa fu aggredito da un anziano a Tegoleto che aveva chiamato per chiedere soccorso e, una volta che i sanitari erano arrivati sul posto, si era scagliato contro di loro con insulti, minacce e scagliando vari oggetti. Bruschi da quella vicenda era uscito con 5 giorni di prognosi per un pugno alla spalla e un processo.

“Quella è stata una delle tante aggressioni subite, ho aspettato tanto per querelare, è stata una scelta ponderata per dare valore alle azioni fatte. Operiamo sul territorio - spiega l’infermiere -e nel triage telefonico queste cose sono all’ordine del giorno. Anche nel mio caso l’uomo era stato aggressivo già al telefono, io ero nell’ambulanza infermierizzata e quando siamo arrivati non ci ha permesso di fare quello per cui ci aveva chiamato, di soccorrerlo. È stata una cosa strana, stupida, è accaduto in strada davanti alla gente e siamo stati costretti ad aspettare l’arrivo delle forze dell’ordine. Non riesco a capacitarmi sul perché abbia agito in quel modo, non dandoci fin da subito la possibilità di aiutarlo. È quello che fa più male, che mi ha lasciato tanta amarezza”.

Il suo è stato solo uno dei tanti casi di violenza sul personale sanitari. Lo ha detto Bruno Bruschi, lo confermano i numeri di un fenomeno di portata nazionale, con una media di 116 episodi registrati nel 2024 da ciascuna azienda sanitaria italiana, quasi 25mila violenze denunciate nel corso dell’anno e un aumento del 33% rispetto al 2023. E poi il dato più allarmante: si stima che il 69% delle aggressioni in ospedale non venga denunciato. “Siamo costantemente sotto attacco e questo - continua l’aretino - ti porta a stare sempre sul chi va là, sono comunque episodi che lasciano il segno, fisico e morale”.

Ma come si supera un episodio del genere? Come si torna al lavoro consapevoli che possa ricapitare? “Torni perché è la professione che ti sei scelto ma soprattutto perché non ti senti abbandonato. Io devo dire grazie ai colleghi, all’ordine professionale, all’azienda sanitaria che mi è stata vicina. E che mi ha supportato anche quando poi ho deciso di metterci la faccia in una battaglia che è di tanti”. Bruno, insieme ai suoi legali dello studio Buricchi, ha deciso di non lasciar correre: “Dopo una vicenda come la mia, che ripeto non è l’unica, sei più prevenuto, sono episodi determinanti, nelle occasioni in cui dovresti mettere in campo tutte le tue capacità interpersonali e di dialogo e invece ti trovi davanti la violenza a prevalere è la paura”.

Giornate come quella istituita in Italia per sensibilizzare sul fenomeno delle aggressioni ai sanitari e per intervenire a contrasto dello stesso sono importanti per educare l’utente al rapporto con medici e infermieri nei momenti delicati in cui insorgono problemi di salute. “Molti modi di affrontare l’emergenza sembrano incomprensibili, lo capisco, sono un utente anche io - aggiunge Bruschi - Ma nascono da protocolli e procedure standardizzate a livello internazionale. Servono a capire cosa è successo e a dare la risposta più adeguata.

A questo - conclude Bruschi - serve l’educazione da parte delle istituzioni alle attività sanitarie, perché se tra utente e operatori si creano spesso incomprensioni, dettate ovviamente dal momento che si sta vivendo su di sé o un familiare, queste non sfocino più nella violenza”.