LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Addio tra le bandiere viola. Roggi: "Era una guerriera"

Il terzino della Fiorentina e della Nazionale ai funerali di Gabriella Beatrice. Il figlio: "È la tua terza vita, mamma". Pochi segni da parte dell’Arezzo.

Alessandro Beatrice rivolge un pensiero alla madre al termine dei funerali

Alessandro Beatrice rivolge un pensiero alla madre al termine dei funerali

La Fiorentina c’è, l’Arezzo un po’ meno. I vessilli viola troneggiano a fianco dell’altare della Madonna del Conforto, la carezza da lontano di una squadra che nel bene e nel male ha segnato la vita di Gabriella. Lei, Gabriella Bernardini, che perfino nei manifesti funebri sfoggia con orgoglio il cognome del marito, Bruno Beatrice, perso da 38 anni. "Siamo da sempre molto uniti alle famiglie dei nostri compagni di squadra, morti troppo presto". Moreno Roggi, terzino roccioso di quegli anni, non ha voluto mancare all’addio a Gabriella. Ha perso un po’ della velocità che lo caratterizzava sulla fascia ma la grinta è quella. E anche l’affetto: Nello Saltutti, Giuseppe Longoni, Ugo Ferrante, Massimo Mattolini, Giancarlo Galdiolo e Bruno Beatrice. Alcuni di quei nomi li ricorda in un sussurro. "Ma Gabriella era una guerriera, una condottiera, una capofamiglia incredibile" scandisce. E le sue parole si vanno ad incrociare con quelle ammirate di don Alvaro Bardelli. "Ha lottato tutta la vita nel ricordo del marito e insieme facendo da padre e da madre ai suoi figli". Che sono lì, ancora stupiti di non sentirla prendere la parola, come non ha mai mancato tutta la vita. Ma è uno stupore che Alessandro Beatrice trasforma in un saluto. "Ha vissuto due vite, prima quella con mio padre, poi una seconda da quando il babbo è morto. Ora ne comincia una terza". Le parla come se fosse lì ad ascoltarlo e forse c’è davvero, almeno sul filo della fede. "Volevo che il funerale fosse qui, babbo aveva sempre l’immagine della Madonna del Conforto nel portafogli". E anche Bruno sembra più vivo che mai, nel ricordo e nel racconto della gente. "Abbiamo giocato insieme tre anni nella Fiorentina" ricorda Roggi. E un anno Bruno lo aveva giocato anche nell’Arezzo nella stagione ‘71-’72: 34 presenze, il campionato completo di chi non mollava mai. Presenze che forse avrebbero meritato qualcosa di più, almeno una carezza adeguata a quella viola, decisamente più marcata. Di sindaci c’è n’è uno, ma è Mario Agnelli da Castiglion Fiorentino. "Alessandro mi aveva passato la mamma al telefono pochi giorni fa, dall’ospedale: e dalla voce avevo sperato che non finisse così". Nei prossimi giorni c’è il Galà dello sport e un premio nel nome di Bruno, assegnato a Ciccio Graziani. Un incrocio di destini: l’altro ieri la morte nel giorno dedicato a Beatrice dalla Regione, ora il funerale alla vigilia del premio. "Il suo profumo non mi piaceva ma già mi manca tanto" ripete Alessandro. Sulla bara sono adagiate tre rose blu e lui l’accarezza, prima con lo sguardo e poi con la mano, in una sorta di estremo saluto. "Il suo coraggio e la sua tenacia sono un esempio, credo che continueranno nei figli" insiste don Vittorio Gepponi, vicino alla famiglia. "Farò in modo che si ricordino sempre di questa grande nonna che li ha amati alla sua maniera". Una figlia di Alessandro si chiama Viola, un figlio di Claudia si chiama Flavio Bruno: la Fiorentina nel bene e nel male. E forse capisci perché a fianco del feretro ci sono quei due vessilli viola, perché la passione prosegue dopo la morte: come la voglia di trovare una verità, il cui testimone è solo passato di mano. "Buona vita mamma” sussurra Alessandro: la terza, o forse la seconda insieme al suo gladiatore morto 38 anni fa.