
Spiganti con Flavio Insinna
Arezzo, 13 marzo 2021 - Il suo posto era l’ultimo banco a destra (per chi entra) della Farmacia Comunale Giotto. Luigi Spiganti, il farmacista che tutto il quartiere Giotto portava nel cuore per la gentilezza, il tratto umano, la disponibilità a parlare dei fatti del giorno o della sua passione per il cibo e il vino, ci è rimasto fino all’ultimo giorno in cui ha potuto lavorare, prima che lo ghermisse il Covid, alla fine di gennaio.
Poi la peggiore delle trafile in cui possa precipitarti il virus che ci terrorizza tutti: i sintomi, la febbre, l’ospedale, la terapia intensiva, dove è morto ieri mattina dopo tre settimane trascorse in un lettino a lottare contro il contagio che lo aveva colpito nella forma più acuta. Negli ultimi giorni i colleghi, agli amici che chiedevano notizie, si limitavano a scuotere la testa: era grave, gravissimo, anche se tutti fino all’ultimo hanno sperato che ce la facesse.
Non poteva, non doveva morire Gigi, come lo chiamavano tutti. Non è mai giusto essere divorati dal Covid, nemmeno a novant’anni, ma 62 (i 63 li avrebbe compiuti fra qualche giorno, il 25 marzo) sono davvero troppo pochi per ritrovarsi come un’altra vittima, fra le centomila che il virus si è portato via nell’anno peggiore della nostra vita, uno dei più giovani fra i 310 di questa provincia.
Che dire di Gigi nel giorno in cui non c’è più? Che era un entusiasta della vita, che colpiva per la gentilezza dei modi e l’affabilità, che al banco della farmacia non si faceva mai scudo degli ostacoli burocratici che possono ostacolare un cliente, spesso un ammalato.
Aveva cominciato, dopo la laurea, con le private, la prima a Soci, poi la Merelli del Corso Italia. Quindi il concorso per essere assunto dall’Afm, la lunga esperienza alla Comunale 1 di Campo di Marte, un’autentica trincea, di giorno e di notte, il posto più tranquillo alla Giotto, dove era arrivato da una decina di anni, quello che gli consentiva di coltivare meglio l’altro suo mondo, la ristorazione e i sommelier.
Non era solo un appassionato, era proprio un esperto, con tanto di diploma, capace di assaporare e far assaporare agli amici vini pregiati e antichi. Un hobby che era diventato una ragione di vita e anche di lavoro. Capitava la sera di ritrovarlo ai tavoli dell’«Antica Fonte» di via Porta Buia, dove la moglie Donatella Neri era socia e anche chef, e poi a quelli della «Pieve», il locale di famiglia aperto proprio a fianco della chiesa.
Dai suoi consigli sono passati nomi famosi, fra gli altri Enrico Letta, di cui non ha fatto in tempo a scoprire che sarebbe diventato segretario Pd, Paolo Gentiloni, il commissario Ue, Flavio Insinna, Jo Squillo e Selvaggia Lucarelli.
Una sfilata di vip che lui aveva aiutato senza un briciolo di boria, con la stessa cordialità con cui serviva al banco della farmacia, punto di riferimento della zona Giotto, in fondo un grande villaggio nel quale si conoscono tutti. Anche Gigi conosceva tutti e tutti conoscevano lui. Dicono che chi muore giovane è caro agli dei, lui di sicuro lo era per umanità e simpatia. Che la terra gli sia leggera.