CAMILLO BREZZI*
Cronaca

Morte e distruzione scendevano dal cielo. Le foto delle rovine e i ricordi di un ragazzo

Una mostra all’Archivio di Stato con le immagini dei vigili del fuoco dopo i bombardamenti del 1943-1944 e il racconto palpitante di Fanciullini

Due immagini della mostra gentilmente concesse dall’Archivio di Stato di Arezzo

Due immagini della mostra gentilmente concesse dall’Archivio di Stato di Arezzo

Arezzo, 11 maggio 2025 – Nelle sale dell’Archivio di Stato di Arezzo (piazza del Commissario) si può ammirare (fino al 30 Maggio) una interessante Mostra sui bombardamenti alleati sulla città tra l’autunno 1943 e la Liberazione della città nel luglio 1944, curata dalla Direttrice Ilaria Marcelli e da Roberto Carnesciali.

Documentazione inedita e testimonianze visive

L’esposizione comprende inedite relazioni del fondo Vigili del Fuoco e numerose fotografie che mostrano alcuni scenari di Arezzo l’indomani di quei tragici momenti. In effetti, per dirla con il titolo della Mostra, Morte e distruzione scendono dal cielo, già l’indomani della dichiarazione di guerra di Mussolini, l’11 e il 12 giugno 1940 si hanno i primi bombardamenti dell’aviazione inglese su Torino con quattordici morti. Col passare dei mesi per gli italiani «vivere con le bombe» diviene una realtà quotidiana.

L'armistizio e le conseguenze sulla vita quotidiana

L’armistizio dell’8 settembre 1943, come è noto, segna una cesura nella guerra in Italia, non è la fine della guerra, non si va “tutti a casa”, come molti speravano. È l’inizio di una nuova tragedia. Mentre le truppe tedesche occupano gran parte dell’Italia, compresa la Provincia aretina, gli anglo americani avanzano lentamente dalle regioni meridionali, intensificando i bombardamenti sia al Nord che al Centro Italia.

Venerdì 12 novembre 1943, alle 19 ad Arezzo si sente il rumore di aerei, e di lì a poco, un boato, uno schianto. Nella relazione dei Vigili del Fuoco di Arezzo (esposta nelle bacheche della Mostra), si riferiva, un po’ troppo entusiasticamente, che «nel complesso, se l’accanimento col quale l’avversario cerca ottenere nelle città inermi quei successi di cui difetta sui campi di battaglia, si sarà limitato all’attuale circostanza, la cittadinanza aretina può reputarsi ben fortunata, per i danni che non sono così notevoli come in altre [città] consorelle. Comunque non è in tal modo che si riesce a fiaccare lo spirito combattivo di una Nazione, e l’ultima parola la diranno le armi».

Il racconto della gente comune

Molto opportunamente l’Archivio di Stato ha voluto affiancare a una documentazione “ufficiale”, quale quella dei Vigili del Fuoco, anche le testimonianze della “gente comune”, coinvolgendo l’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano che tra i 10.000 Diari conservati ne conta numerosi sull’esperienza di guerra di cui i bombardamenti sono parte centrale, come conferma il volume (pubblicato nel 2021 nella collana Storie italiane edita dal Mulino) di Patrizia Gabrielli, Se verrà la guerra chi ci salverà? che ricostruisce “lo sguardo dei bambini sulla guerra totale”, basato sui diari, le memorie, di Pieve S. Stefano, tra i quali spiccano diverse pagine scritte da adolescenti della Provincia di Arezzo. Tra questi la Mostra aretina ha scelto lo straordinario diario di Almo Fanciullini.

Il diario di Almo Fanciullini

Almo Fanciullini, nel 1943, ha quindici anni è autore di un diario composto da sette quaderni scolastici, il cui originale espediente narrativo consiste nell’uso di ritagli di giornali, puntualità e abbondanza di notizie (data e ora dei bombardamenti), cartine con piccole mappe sui luoghi colpiti, e disegni degli stormi dei bombardieri e delle contraeree. Secondo quanto ha notato nel suo studio Patrizia Gabrielli, le scritture sui bombardamenti hanno un carattere denso, sono un susseguirsi non tanto di fatti, quanto di immagini, suoni, odori sgradevoli. Il primo bombardamento è raccontato con dovizia di particolari: si ricordano l’alterazione dei colori del cielo («il cielo era rosso dalle fiamme, e grigio per il fumo»); si registrano le sensazioni olfattive; si ricorda la rumorosità, dal fischio delle sirene d’allarme al rumore degli aerei, all’esplosione. Naturalmente, le bombe hanno una parte centrale nei ricordi e sono soprattutto sinonimo di paura e di confusione: «una cosa spaventevole», un «inferno», «un gran polverone», «un cataclisma», uno «spettacolo orrendo», «un finimondo».

L'esperienza personale durante i bombardamenti

Venti giorni dopo, è il 2 dicembre, «una giornata magnifica, il cielo era completamente sereno» sono da poco passate le 11 e Almo Fanciullini, uscito dalla scuola di via Margaritone dove frequenta la 2° tecnica, si sta dirigendo verso casa; giunto tra S. Agostino e porta Trento-Trieste, sente il suono delle sirene e contemporaneamente «ode il rombo della formazione verso sud, così giro il capo verso quella parte e già [gli aerei] sono alla portata nei nostri occhi». Mentre affretta il passo Almo è quasi “affascinato” da quanto sta accadendo, per cui guarda il cielo e si mette a contare gli aerei «più ne contavo e più ne vedevo: quelli strani uccellacci coprivano il cielo». Secondo quanto ha osservato Enzo Droandi, nel suo Arezzo distrutta 1943-44, «si era appena sopita la paura che cominciò il terrore»; infatti nella stessa giornata del 2 dicembre, verso le 20, mentre le famiglie aretine riunite per cena commentano il terribile evento della mattinata, si sente nuovamente il rombo di aerei e la città è illuminata dai bengala lanciati dagli aerei. Il bombardamento dura un’ora, anche se (come scrive Almo) «il cessato allarme veniva dato solo alle 23 col suono delle campane» e colpisce (in gran parte) il centro cittadino. Altri morti e feriti, ma soprattutto sul piano psicologico per la popolazione aretina rappresenta un duro colpo: si ha la sensazione che gli anglo americani possano bombardare in qualsiasi momento, possono tornare e sganciare bombe quando vogliono.

Arezzo nel gennaio 1944: il periodo peggiore

Il gennaio 1944 rappresenta per Arezzo il periodo peggiore per i bombardamenti. La popolazione, di fronte alla guerra dall’alto, avverte uno strano senso di impotenza misto a disagio e paura. Gli abitanti che riescono a salvarsi sono costretti (da un giorno all’altro) allo sfollamento che produce un radicale cambiamento nella vita quotidiana e rappresenta una valenza simbolica significativa. Al contempo, in molti casi, comporta una maturazione, una presa di coscienza, una raggiunta consapevolezza, di fronte agli orrori della guerra.

La liberazione di Arezzo

Giorno dopo giorno Almo Fanciullini prosegue il suo «resoconto particolare» sulla quotidianità in tempo di guerra nella sua città, la «tremenda agonia» delle giornate del luglio 1944, tra bombardamenti e le barbarie dei tedeschi. In questo clima, l ’11 luglio, Almo compie 16 anni. Cinque giorni dopo può scrivere a lettere cubitali: «Domenica 16 Luglio 1944. AREZZO LIBERATA! 16 luglio si piange dalla gioia. 16 luglio il più bel giorno». «16 LUGLIO 1944 L’INDIMENTICABILE GIORNATA DELLA NOSTRA RESURREZIONE».