“I nazisti hanno ucciso i miei genitori. Non dimentico, ma ho perdonato”

La testimonianza di Nia Cau, rimasta orfana coi suoi fratelli ad appena 14 anni. “Portarono via la mamma e mio padre non la volle lasciare sola. Ci dissero: “Tranquilli bambini, ci vediamo stasera. Non tornarono più”

Civitella (Arezzo), 25 aprile 2024 – “Quando vedo in televisione le immagini delle guerre di oggi rimango impressionata, mi torna la paura, mi viene una specie disperazione interna. Nessuno ha capito niente, tutti fanno lo stesso sbaglio. Guardate Israele, l'Ucraina, Gaza, sono le stesse cose. È più moderno adesso, prima ti sparavano con fucile o ti tiravano una bomba a mano, ma il metodo è lo stesso, l'eccidio dei civili”. Lo ha detto Nia Cau, 94 anni, arrivata da Goteborg (Svezia) dove vive, a Civitella Val di Chiana dove fu superstite della strage nazista del 29 giugno 1944, eccidio commemorato oggi col presidente Sergio Mattarella.

Nia Cau e i suoi fratelli persero i genitori Giovanni Cau e Helga Elmqvist, traduttrice svedese. I loro corpi furono trovati sei anni dopo durante lo scavo di una cantiere. "Chi non c'è passato non può capire, si perdona ma non si dimentica. Io ho perdonato”, anche i tedeschi, racconta, “ho abitato tre anni in Germania, parlo tedesco come l'italiano, ho ricavato che la gente tedesca in Germania non aveva niente a che fare con queste cose avvenute in Italia”.

"La mamma lavorava come traduttrice aiutando la gente di qui, perché i tedeschi prima sparavano e poi chiedevano 'te che ci fai qui - ricorda i giorni del 1944 -. Allora lei ha capito che sapendo le lingue poteva aiutare. Ma i tedeschi credevano che fosse coi partigiani. Vennero a prenderla. Il babbo non la voleva lasciare sola e presero anche lui. Ricordo le ultime parole a me e ai miei fratelli - continua Nia Cau che allora aveva 14 anni - La mamma ci ha detto 'bambini state tranquilli, ci si vede stasera’, non li ho più rivisti né lei né il babbo. Eravamo a Civitella perché sfollati da Firenze. Il babbo aveva comprato un podere nel borgo di Debbia per stare nella calma invece che stare a Firenze”. Gli uomini furono uccisi e dopo l'eccidio, ancora un ricordo importante, “mio fratello 15enne e un altro ragazzo Livio Arrigucci 16nne andarono a prendere le salme mezze bruciate con una carriola e di notte le seppellirono. Quando tornò non ne ha mai voluto parlare”.