‘Vongolone’ scoperto in Arno. Vuol dire che il fiume respira

Il biologo Gianluigi Bini: "Ormai difficile trovare questi esemplari, soppiantati da una specie infestante arrivata dall'Asia'

Vito Gentile con la maxi conchiglia trovata in Arno

Vito Gentile con la maxi conchiglia trovata in Arno

Firenze, 6 settembre 2017 - L’Arno in secca restituisce una ‘vongolagigante, prova del buono stato di salute del grande fiume. È il caso di un esemplare di ‘Anodonta Anatina’ di dimensioni maxi (circa 15 cm di lunghezza, 8 di larghezza e 2,5 di spessore) trovato da un ricercatore di Signa (Firenze), Vito Gentile, membro del comitato scientifico della locale Pro Loco. Facendo alcune indagini storiche sugli antichi ponti della zona e muovendosi lungo le rive del fiume, Gentile ha notato per caso l’esemplare (con tanto di mollusco all’interno) nella melma del corso d’acqua, restando colpito per la sua grandezza. «Il punto in cui l’ho trovato – racconta – di solito è completamente coperto dall’acqua. Quest’estate però, a causa della siccità, il livello dell’Arno è sceso moltissimo e sono diventati visibili diversi tratti di fondale mai emersi in precedenza. In uno di questi è avvenuto il ritrovamento, mentre stavo facendo alcune ricerche sulle antiche fondamenta del ponte pedonale fra Signa e Lastra a Signa». A spiegare di cosa si tratta è il professor Gianluigi Bini, biologo e direttore del museo malacologico Malakos di Città di Castello (Pg), il più grande d’Europa dedicato alle conchiglie. Fiorentino di nascita e tifernate d’adozione, è vero punto di riferimento nel mondo della malacologia (la scienza che studia i molluschi), tanto da avere una conchiglia che porta il suo nome, la Cinguloterebra Binii.

«È un esemplare di ‘Anodonta Anatina’ – spiega il professor Bini – molto grande ma non fuori dalla norma. Possiamo dire che siamo ai limiti delle dimensioni massime per questa specie. È però davvero molto positivo scoprire che questa bella conchiglia vive ancora in un fiume come l’Arno. In Italia è infatti sempre più comune la ‘Sinodonta Woodiana’, una specie asiatica che sta soppiantando la nostra Anodonta, ormai difficile da trovare. Il fatto che in Arno ci sia ancora questa conchiglia autoctona, nascosta nei punti più profondi e meno accessibili, è indice di buona salute del fiume e del suo ecosistema. Non credo necessario specificarlo – conclude il professor Bini – ma è fondamentale non mangiare questo mollusco: anche se si tratta di una sorta di vongola di fiume, quindi teoricamente commestibile, il fatto che filtri le acque inquinate dei nostri corsi d’acqua la rende infatti estremamente pericolosa». La ‘Anodonta Anatina’ ama i fondali fangosi dei laghi e dei fiumi a lento scorrimento, ma si adatta bene, cambiando forma, anche alle acque leggermente più veloci. «Nei fiumi toscani – continua il professor Bini – un tempo era comune anche la ‘Unio pictorum mancus’, un’altra specie decisamente più piccola. Sono riuscito a trovarne una, molti anni fa, sotto la Pescaia di Firenze, mentre non mi era mai capitato di individuare in Arno una ‘Anodonta Anatina’. Entrambe le specie sono adesso molto difficili da vedere, proprio perché al loro posto si è fatta strada la ‘Sinodonta Woodiana’, arrivata dall’Asia».

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