Tommaso Strambi
Viareggio

Manifesti addio. Gli “attacchini” sostituiti dai post

Quella notte del ’92 quando Enrico Letta rimase a dormire davanti ai tabelloni. Niente cartelloni per Vannacci (Lega), Bertolucci (Stati Uniti d’Europa) e Ferrara (Cinque Stelle)

Gli spazi per i manifesti rimasti quasi tutti vuoti a Viareggio

Gli spazi per i manifesti rimasti quasi tutti vuoti a Viareggio

Viareggio, 3 giugno 2024 – Chissà se è leggenda o meno. Correva il 1992, 32 anni fa, quasi preistoria verrebbe da dire. Si votava per il rinnovo dei due rami del Parlamento: la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. L’appuntamento con le urne quell’anno era il 5 e il 6 aprile. Poche settimane prima, il 17 febbraio, i carabinieri avevano arrestato uno ’’oscuro’’ (fino a quei giorni lì), funzionario del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa, il cui nome divenne ben presto noto per la valanga che travolse i partiti politici con l’inchiesta nota come “Mani pulite“. Ma in quel momento non era ancora esplosa in tutta la sua portata. Così la campagna elettorale procedeva come tutte quelle che l’avevano preceduta. L’ultima sera, ovvero il venerdì precedente all’apertura delle urne, un gruppo di giovani democristiani si diede appuntamento per affiggere alcuni manifesti. Il collegio era ampio (non come quello delle Europee attuali con Lazio, Umbria e Marche) e si diressero in direzione di Pisa. Lì, nel quartiere di Porta a Mare, si unirono agli “amici“ di quella città. E lì accadde un episodio curioso. In via Conte Fazio c’era il circolo delle Acli annesso al cinema Arno, dove ’’regnava’’, indiscusso, l’allora onorevole Mario Biasci. I suoi ’’attacchini’’ erano entrati nel bar del Circolo per prendere un caffè. Fu in quel momento che i giovani democristiani cominciarono ad affiggere i manifesti del loro candidato, l’allora leader del Movimento giovanile Simone Guerrini. Proprio negli spazi prospicienti le Acli. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte, l’ora dell’inizio del silenzio elettorale e della chiusura ufficiale della campagna. Quando gli “attacchini“ di Biasci si resero conto abbassarono la saracinesca del bar, pensando di non essere visti e di uscire quando i ’’ragazzini“ se ne fossero andati, per sostituire i manifesti appena incollati. Ma i giovani, capita l’antifona, si sedettero sulle scale della vicina Chiesa di San Giovanni al Gatano. Decisi a non farsi ’’coprire’’ i manifesti. Così gli uomini di Biasci trascorsero la notte nel bar e gli altri, ’’i ragazzini’’, sdraiati sul sagrato. Guidati da quell’Enrico Letta che, qualche anno più tardi, diventerà il più giovane ministro della Repubblica e successivamente anche Presidente del Consiglio. E poi anche segretario del Pd dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti e prima dell’avvento di Elly Schlein. Chissà se è successo davvero o se è solo una leggenda metropolitana, anche se chi c’era giura che Letta non indietreggiò di un millimetro e aspettò l’alba su quel sagrato. Un’era geologica fa. Anche perché già da diverse tornate i manifesti sono (quasi) scomparsi dalle nostre città durante le campagne elettorali. Sebbene i Comuni continuino a prevedere, in ogni occasione, gli spazi adeguati. Com’è accaduto anche per questa campagna elettorale. Ma i più sono rimasti vuoti, come testimoniano le foto del nostro Aldo Umicini. Qua e là solo qualche manifesto della “leonessa“ Susanna Ceccardi, del forzista Antonio Tajani o del pentastellato Giuseppe Conte. Poi il vuoto. Neanche uno dei tre viareggini in corsa – Silvia Bertolucci (Stati Uniti d’Europa), Roberto Vannacci (Lega) e Gianluca Ferrara (5 Stelle) –.  E non è solo una questione romantica di un tempo che fù. Ma anche di una “passione“ che non buca più i cittadini, come dimostra la disaffezione sempre più alta alle urne. I “santini“ elettronici che rimbalzano di chat in chat o i messaggi personalizzati (sponsorizzati) sui social network non scaldano il cuore degli elettori e neppure i talk-show televisivi. Così tutto (s)fila via nell’indifferenza (quasi) generale. Anche perché i veri temi della campagna elettorale rimangono sullo sfondo e nessuno (a cominciare dai protagonisti) ne parla. E alla fine tutto sbiadisce e restano (solo) i ricordi di quando comunque intorno alla politica ci si appassionava. Sino a dormire sulle scale di una notte di primavera.