DANIELE MANNOCCHI
Cronaca

Una sciagura epocale. Quei minuti terribili che scolvolsero la città. L’incendio e la devastazione

A seguito dell’incidente ferroviario del 29 giugno 2009 ci furono 32 morti e decine di feriti. Si trovavano in casa o in strada: colti di sorpresa da lingue di fuoco alte come palazzi.

Una sciagura epocale. Quei minuti terribili che scolvolsero la città. L’incendio e la devastazione

Una sciagura epocale. Quei minuti terribili che scolvolsero la città. L’incendio e la devastazione

VIAREGGIO

Sono le 23.48 di un lunedì sera di inizio estate. Placido e rilassato, da canotta e ciabatte, con la mente già orientata alle ferie, alla fine della sessione estiva o ai due mesi e mezzo di riposo prima del nuovo anno scolastico. Sulla linea La Spezia-Pisa, viaggia in direzione sud un treno merci: 14 vagoni-cisterna carichi di gpl. Poco dopo aver superato la stazione di Viareggio, il treno deraglia. Una delle cisterne si squarcia e un’esplosione sprigiona fiamme che si levano a decine di metri di altezza. È l’inizio dell’apocalisse.

Il frastuono dello scoppio richiama mezza città sui terrazzi e alle finestre. Chi è in strada, lungo le vie del centro, vede il cielo tingersi di rosso e arancio, e inizia a scappare verso mare, inseguito dal boato in lontananza della seconda deflagrazione. L’esplosione investe via Burlamacchi, a ovest, propagandosi fino alla sede della Croce Verde, e distrugge diversi edifici sul lato est: è via Ponchielli, dove la potenza della bomba scoppiata sui binari si abbatte con maggiore violenza.

Mentre il cavalcavia si affolla di centinaia di persone che assistono inorridite alla mattanza del rogo, si mette in moto la macchina dei soccorsi. I vigili del fuoco, eroici, sfidano le fiamme per andare a raffreddare le altre cisterne cariche di gpl, scongiurando il rischio di una nuova e più devastante deflagrazione. I soccorritori arrivano da tutta la Versilia. E quel che si trovano davanti è uno scenario di morte che mette i brividi. In via Burlamacchi, sull’asfalto giace un corpo carbonizzato. A due passi, ci sono i resti di un motorino, mentre una manciata di auto e un’ambulanza continuano a bruciare come torce nella notte.

Sull’altro versante della ferrovia, impazza il caos. Il fumo ha avvolto le case rendendo l’aria irrespirabile e costringendo gli abitanti a evacuare. Le grida dei feriti si mischiano al vociare disperato di chi cerca i propri cari. Nel fuggi fuggi generale, la seconda esplosione falcia intere famiglie. Sono centinaia le case che hanno subìto dei danni: i segni lasciati dalla potenza dello scoppio arrivano a mezzo chilometro in ogni direzione. Alla paura istintiva per il botto subentra il terrore razionale per le conseguenze. Già a ridosso della tragedia, si parla di almeno una quindicina di morti. Purtroppo, saranno più del doppio.

Nel corso della notte, il cielo cambia colore: all’arancio delle fiamme, striato dalle colonne di fumo, si uniscono i lampeggianti dei vigili del fuoco, delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La Croce Verde, a due passi dall’epicentro della tragedia, è azzoppata: l’esplosione ha messo fuori uso il 70 per cento del parco mezzi dell’associazione. Le ambulanze devono arrivare da fuori, mentre si iniziano a organizzare le squadre per scavare tra le macerie alla ricerca di feriti, dispersi e, purtroppo, le salme di chi ha perso la vita. Le forze dell’ordine perimetrano l’area, ancora pericolosa dopo l’esplosione.

Nel frattempo, il municipio viene riaperto per accogliere gli sfollati: si tratta di un migliaio di persone, alcune delle quali hanno la casa sventrata che dovrà essere ricostruita ex novo. A scopo precauzionale, viene evacuato mezzo centro città, da piazza Dante a via IV Novembre. In via Burlamacchi arrivano anche le autorità: il prefetto, il questore e l’allora sindaco Luca Lunardini, che il mattino successivo ordinerà tre giorni di lutto cittadino. Le centrali operative della polizia, dei vigili urbani e in municipio restano attive tutta la notte, mentre i soccorritori continuano a lottare contro la fatica per scavare, scavare e ancora scavare, cercando di tirar via i superstiti dal disastro. Le ambulanze fanno su e giù per il centro-nord, portando i feriti, alcuni dei quali in condizioni gravissime, negli ospedali di varie regioni. Quando, poche ore dopo, arriva l’alba del 30 giugno, la notizia della tragedia ha già fatto il giro d’Italia.