PAOLO DI GRAZIA
Cronaca

Strage di Viareggio, i giudici: "Era evitabile". Rilevata una catena di omissioni

Depositate le motivazioni della sentenza d’Appello. La verità dopo 180 giorni e in un fascicolo di 1.224 pagine

I soccorsi dopo l'esplosione a Viareggio

Viareggio, 19 dicembre 2019 - Ci sono voluti 180 giorni e 1.224 pagine per scrivere la seconda verità processuale sulla strage di Viareggio. Una verità, quella della Corte d’Appello di Firenze, che conferma quanto già sancito dai giudici di primo grado e cioè che, in estrema sintesi, quella strage, quel disastro ferroviario, quella notte d’inferno potevano essere evitati.

Che quelle 32 vittime avrebbero potuto vivere i loro sogni e la loro vita se solo le varie aziende coinvolte, Ferrovie dello Stato in testa, avessero adottato tutte le misure necessarie per impedire che il treno deragliasse quella maledetta notte del 29 giugno del 2009. Niente sarebbe successe se ognuna delle 16 persone condannate avesse fatto la propria parte, secondo i propri ruoli e le rispettive conoscenze tecniche.

"Pur essendo pienamente consapevoli dell’esistenza del rischio deragliamento – si legge nelle motivazioni – e delle possibili conseguenze catastrofiche, hanno valutato tale rischio limitatamente all’ambiente ferroviario e non esaminando le sue implicazioni sull’esterno".

Una manutenzione fatta male (o forse neppure fatta), svolta in un ambiente non idoneo e la mancanza di controlli sui treni merci provenienti dall’estero sono alla base, anche per i giudici d’Appello (presidente Paola Masi), del disastro di Viareggio. I giudici individuano anche tutta una serie di omissioni, più o meno gravi, che avrebbero potuto evitare il deragliamento o comunque lenirne le catastrofiche conseguenze.

Tra le concause vengono indicate espressamente l’omessa tracciabilità: nessuno vale a dire sapeva quando e dove era stato costruito l’assile che si è spezzato, per quanto tempo era rimasto in servizio e a quante manutenzioni era già stato sottoposto. E oltre a questo vengono segnalate dai giudici come concause del disastro l’omessa riduzione della velocità, l’omesso allestimento di barriere, e soprattutto l’omessa valutazione dei rischi connessi al trasporto di merci pericolose quali il gpl.

Sulla base di queste motivazione la Corte d’Appello lo scorso 20 giugno (180 giorni fa) aveva condannato 16 imputati, fra i quali l’ex numero uno delle Ferrovie italiane Mauro Moretti e altri vertici apicali delle società coinvolte: Fs, Rfi, Trenitalia, Gatx (proprietaria del carro merci), l’officina Jungenthal dove venne effettuata la revisione dell’assile e della Cima Riparazioni, dove tale assile venne montato sul carro della morte. La Cassazione scriverà la parola fine su questa dolorosa vicenda che ha lasciato una ferita indelebile al cuore della città, ma intanto già due gradi di giudizio hanno certificato che esistevano delle gravi e specifiche responsabilità ai massimi livelli.