CARLO CASINI
Cronaca

Stazzema, il parco archeo-minerario: l'incredibile sentiero delle Molinette

Un percorso di tre chilometri intorno alle antiche miniere di Calcaferro, tra opifici e polverifici dismessi, antichi macchinari, ponti e fiumi: ma attenzione, ci sono tratti esposti e senza parapetto, non adatto a chi soffre di vertigini

Attenzione: ci sono dei tratti esposti senza parapetto perché sono crollate le staccionate

Stazzema (Lucca), 21 ottobre 2023 - Si attraversa una galleria scavata nella roccia e si apre un mondo magico fatto di ruscelli, cascate, rovine di opifici arroccate su gole e precipizi, antichi e misteriosi macchinari idraulici, funicolari dismesse, pannelli che raccontano secoli di storia dove l’uomo incredibilmente sapeva trarre risorse da questo ambiente montano dove la natura domina potente. È il parco archeo-minerario delle Molinette a Mulina di Stazzema, intorno alle miniere di Calcaferro.

Fu inaugurato il 24 agosto 2013 dall’Unione dei Comuni della Versilia, come percorso della memoria e di valorizzazione della cultura locale. L’uomo conosce da secoli la ricchezza di minerali di queste montagne così dure da conquistare, ma fu negli anni ’20 del secolo scorso che si industrializzò: sfruttando le risorse del territorio, come pirite, barite e altri minerali, la forza dell’acqua e di gravità, le pietre della montagna e l’abbondante legname, nacquero miccifici e polverifici che diventarono strategici durante gli anni della Seconda guerra mondiale (ma che rimasero attivi fino agli anni ’80).

Proprio per la loro funzione strategica, questi monti furono oggetto di aspra contesa e cruente battaglie. E c’è un’altra storia nella storia in questi sentieri, che è quella dell’eroica Resistenza dei partigiani, cui è legata la storia dell’eccidio della vicina Sant’Anna di Stazzema, e del martire don Fiore Meneguzzo, Medaglia d’oro al merito civile e anch’egli vittima degli orrori del Nazismo. Una storia che è raccontata in una parallela altra rete sentieristica, dedicata appunto alla Resistenza.

Proprio quando si intravede il campanile della chiesa di don Fiore conviene parcheggiare e continuare su strada a piedi, per arrivare a quella galleria. Poco prima sulla destra troveremo una fonte (contornata da due belle vasche in pietra di pesci rossi  che vivono nell’acqua di scolo della sorgente, perciò non utilizziamo assolutamente quel getto per lavarci le mani col sapone!), a cui possiamo fare scorta d’acqua prima della partenza dell’escursione, breve – l’anello è di appena tre chilometri – ma non scontata.

Le Apuane sono diverse dagli Appennini, aspre, selvagge, natura matrigna. E qui, lo sforzo per la manutenzione di quel network di pubblico e privato fatto da Unione dei Comuni, istituzioni locali, associazionismo, volontari anziani e giovani – che in questa dimensione comunitaria ancora non è troppo contaminato dal virus della burocrazia – è costante, e si cerca di usare materiali reperiti in loco per un minor impatto ambientale possibile: la fanno da padrona pietre e paline di castagno (camminando, di questa stagione, potrete trovare anche qualche bel marrone).

Però purtroppo, uno sforzo non bastante. Il parco è stato realizzato appena dieci anni fa, ma invecchia male: Quella stessa montagna che tanto ha dato, continuamente toglie e logora: il microclima di queste gole corrode tutto, e le montagne sono cosa viva. Le parti lastricate in discesa sono viscide per il fondo spesso bagnato per l’umidità, ma soprattutto in alcuni punti le staccionate sono crollate si è costretti a viaggiare con estrema attenzione a bordo precipizio senza parapetto, su un terreno spesso scivoloso; in altri invece il sentiero è smottato e si è ridotta la superficie calpestabile. Non un percorso adatto proprio a tutti, come pubblicizzano alcune recensioni sul web che lo definiscono “adatto anche ai bambini”, ma soprattutto è da fare con le giuste dotazioni tecniche, minimo una buona scarpa da trekking, bastone d’appoggio e certo un almeno sufficiente esperienza di escursionismo. Non è l’Everest, ma, insomma, non è proprio il tour adatto per il cittadino che scappa per mezza giornata in montagna dagli stabilimenti balneari del Forte.

L’impegno a manutenere c’è, spiegano dagli uffici tecnici dell’Unione dei Comuni, ma lo sforzo è ciclopico, perché il terreno è aspro, indomabile. Recentemente è stato risistemato un tratto franato, tuttavia come si finisce da una parte, si deve ricominciare dall’altra. Nessuno scandalo amministrativo dunque, gli enti locali con affanno si trovano a manutenere territori enormi e poco densamente abitati, è nella natura della montagna.

Semmai un appello ai giovani affinché imparino dagli anziani a conservare la montagna, le sue memorie, senza delegare al solo sforzo del pubblico, perché il concetto di comunità qui è imprescindibile. E un appello agli anziani perché sappiano coinvolgere, appassionare i giovani locali, ma anche il turista della domenica, trasmettere la bellezza di perpetrare una tradizione millenaria che ha modellato, addolcito i paesaggi, li ha resi fruibili.

E per concludere questo anello magico delle miniere? Se non ci si sente di farlo da soli, affidiamoci a una guida escursionistica esperta: spesso dall’associazionismo locale vengono organizzate escursioni di gruppo a prezzi veramente popolari. Saremo più sicuri noi e faremo vivere l’economia della montagna.