di Paolo Fornaciari
Il 29 novembre 1924, allora era sabato, Giacomo Puccini cessava di vivere a Bruxelles, dove si trovava da venticinque giorni, ricoverato nella clinica del dottor Buys Ledoux, per una cura di applicazioni di radio intorno al tumore letale che da poco tempo gli era stato diagnosticato alla gola. Nel bollettino medico emesso dal dottor Bayer, che unitamente a Ledoux, aveva iniziato la cura, dichiarò "che il Maestro è mancato per debolezza del cuore che ormai indebolito ha mal sopportato l’energica azione del radio, necessaria come tentativo ultimo di prolungare un’esistenza totalmente minata dal cancro, non dei fumatori, ma dell’epiglottide".
La notizia della morte del Maestro interessò e commosse il mondo intero e fu subito riportata sulle prime pagine di tutti i giornali a caratteri cubitali.
Il quotidiano La Nazione titolò: "L’Arte e la Patria in gramaglie".
La Tribuna: "La Patria deve essere grata a Giacomo Puccini. Dove egli si è presentato con le sue leggiadre creature canore ha fatto benedire da migliaia, anzi da milioni, di persone il nome d’Italia". Il Mondo: "Nessuno ha espresso musicalmente sulla scena lirica meglio di Puccini l’umile femminilità sofferente".
Il Giornale d’Italia: "Giacomo Puccini è divenuto ormai il musicista più rappresentativo dell’epoca contemporanea. Il suo nome e la sua missione avevano assunto titolo di universalità". Il Sunday Times scrisse che la morte di Giacomo Puccini "significa una grande perdita per l’Opera moderna perché pochi compositori sanno oggi darci una vera melodia". Per l’Observer Puccini "è il più famoso successore di Verdi e il continuatore delle grandi tradizioni dell’opera italiana". Il Lokal Anzeiger: "Il popolo tedesco rende omaggio alla memoria del Maestro vero artista di tradizione e di cultura". La Vossiche Zeitung mise in risalto "come Puccini sia riuscito a guadagnarsi i cuori di tutti i paesi con le sue melodie così tenere e dolci".
L’eco della notizia della morte di Giacomo Puccini giunse nell’aula di Montecitorio mentre era in corso la discussione sul bilancio alle colonie. I lavori parlamentari furono interrotti e l’onorevole Mussolini così commemorò il Maestro: "Comunico con profonda tristezza che è morto oggi Giacomo Puccini. La sua morte è lutto non soltanto del popolo italiano, ma di tutto il mondo civile. Nella storia della musica e dello spirito italiano, egli occupa un posto eminentissimo. Egli non può morire perché lo spirito italiano non muore".
Per volontà della famiglia, in attesa di poter seppellire il Maestro nella sua villa a Torre del Lago, fu decisa la provvisoria tumulazione a Milano, nella tomba di famiglia dell’amico Toscanini. Il 23 marzo 1925, il prefetto di Lucca comunicò al sindaco di Viareggio che, con decreto ministeriale, era stata autorizzata la tumulazione della salma del Maestro Giacomo Puccini nella villa di Torre del Lago. Così, nel secondo anniversario della morte Viareggio poté rendere omaggio alle spoglie del Maestro. Il 29 novembre 1926, i resti di Puccini furono trasportati a Torre del Lago per essere accolti nel mausoleo che il figlio aveva fatto costruire nella casa del Maestro. La salma giunse da Milano alla stazione di Torre del Lago alle ore 7.15. La bara fu subito trasportata a spalla nella chiesa di San Giuseppe, tutta la adornata di crespo con fasce d’oro e d’argento. Sulla facciata esterna, sopra il portone, un cartello con la scritta: "A Dio per la grande anima del Maestro Giacomo Puccini nella sua terra d’adozione suffragi lacrime e onoranze".
Una processione di uomini e donne sfilò commossa per rendere omaggio al Maestro. Una moltitudine di gente, giunta dalle città vicine con treni speciali, aveva affollato il piccolo paese, invaso da bandiere e da corone funebri. Molte furono le personalità che si strinsero intorno alla famiglia del Maestro riunita nel rinnovato dolore: Mascagni, in rappresentanza del Ministro alla Pubblica Istruzione, Leonardo Bistolfi per il Senato e gli onorevoli Ciarlantini, Scorza e Macarini per la Camera. Presenti anche Cesare Riccioni con Solomea Krusceniski, l’artista ucraina che aveva portato al successo la “Butterfly” al Teatro Grande di Brescia.
Alle ore 14 ebbe inizio la cerimonia religiosa seguita da un concerto corale e strumentale. Poi, il feretro fu sistemato su un carro funebre trainato da quattro cavalli che si diresse verso il lago, sfilando fra due ali di folla, sotto una pioggia sottile e alla villa fu accolto da un plotone di carabinieri in alta uniforme. Seguirono gli interventi degli oratori ufficiali. Parlò anche il maestro Pietro Mascagni che ricordò la profonda amicizia che lo legava a Puccini.
Poi vi fu la tumulazione della salma nella cappella progettata dall’architetto Pilotti dell’Università di Pisa. Giacomo Puccini era ritornato "alla sua casa, in riva al lago, fra le sue creature…", secondo il desiderio profondo del Maestro.