GAIA PARRINI
Cronaca

La Viareggio di Rossana Casale: "Una città profonda come il jazz"

La cantante, arrivata in vacanza per la prima volta nel 1987, da quattro anni vive al Marco Polo

È nata a New York, insegna a Parma e alterna una tournée all’altra. Ha vissuto a Venezia, Milano, Roma e Ancona e ha collaborato, calcando migliaia di palchi, con i più importanti compositori e cantanti. Ma è qui, tra le vie del Marco Polo, la calma del molo e la profondità jazz del mare, che Rossana Casale ha trovato la sua quiete interiore, e la sua casa.

Signora Casale, qual è il suo primo ricordo di Viareggio?

"I miei primi ricordi sono legati al Bagno Florindo, alla famiglia Cerri, e agli amici estivi che sono diventati poi quelli della vita. Ho conosciuto la città nel 1987, attraverso l’attore presentatore Corrado Tedesco, con cui ho avuto una relazione per due anni, e il cui padre, capitano di vascello, era viareggino. Prima di quel momento, però, la vedevo diversamente".

Come?

"Da buona milanese, durante l’estate, andavo a Forte dei Marmi. Ero giovane, e avevo l’immagine di Viareggio come una città più popolare, per le famiglie. Che sembrava non appartenermi. Forte dei Marmi, all’epoca, invece era diversa da ora, era deliziosa, con i piccoli negozi per niente chic, di moda particolare e di costumi fatti a mano. Era un luogo di festa per incontrare gli amici, divertirsi e conoscere musica: una Milano da mare, ma più freak".

E poi cos’è cambiato?

"Ho inseguito Pino Daniele e Massimo Troisi mentre giravano qua il video di ’O ssaje comme fa ‘o core e la città mi ha sorpreso. Il cielo e il mare aperto, la passeggiata con il sole e la grande quiete mi avevano molto affascinato. E poi c’è stato Corrado, che voleva farmi vedere i luoghi di infanzia di suo padre. Abbiamo trascorso a Viareggio un anno intero, dopo che ero stata male durante un tour. E Viareggio, per me, in quel momento, è stato come un abbraccio, che ho descritto anche nel brano Magritte".

È quella la canzone che intonerebbe pensando a Viareggio?

"Quella è una delle mie, in cui descrivo l’immagine delle spiagge d’inverno. Ma la città ha poi una sua tradizione di canzoni popolari che piano piano, vivendo qua da quattro anni, sto imparando a conoscere. Così come la sua storia, che è una storia di grande orgoglio, di viaggiatori, di marinai, artisti e artigiani. È un luogo magico, la mia quiete interiore, il mio adesso. Passato il bailamme della carriera ad alto volume, ora vivo il jazz. E Viareggio è come il jazz"

Ah sì?

"È così. Perché è profonda, può essere creativa e quando vuole molto dura. Può guardare dentro la musica degli altri e allo stesso tempo chiudersi in sè stessa".

E cos’è che più le piace di questa città?

"Il molo. Quando cammino fino in fondo alla Passeggiata e giro a destra, fino alla punta: è un luogo di pace, quasi di preghiera. Ma anche la spiaggia e il suo orizzonte. Ogni volta che guardo il mare ricordo mio padre Giacomo, che ha realizzato la copertina del mio album Circo immaginario e mi ha tramandato la passione del mare".

Giacomo, come Puccini...

"Si chiamava così proprio perché mia nonna americana amava Puccini. Quando morì mio nonno, mio padre la portò in Italia e vennero qui, al Royal, perché mia nonna voleva visitare i luoghi di Puccini. Poi mio padre ha incontrato mia mamma a Venezia e ha capito che sarebbe stata la donna della sua vita. Mio padre era entusiasta di Viareggio e ai tempi, d’estate, quando prendevamo casa a Marco Polo, dove vivo anche adesso, andava sempre in giro in bicicletta, bucando tutti i semafori rossi".

È sempre sua padre ad averle trasmesso la passione per la musica?

"Senz’altro. A New York ai tempi c’era il jazz di Sinatra e il be pop del West Village e lui ha visto suonare, tra gli altri, Coltrane e Parker. Tutto questo jazz è entrato in casa e nella pelle di tutti noi quattro figli".

Tornando alle estati trascorse a Viareggio, com’erano quelle con Gaber?

"Le serate a casa di Dalia, con Luporini e suo padre, erano tutto un riflettere, cantare, mangiare e farsi leggere le carte del cielo da Ombretta. Dai Beatles al jazz, Giorgio sapeva suonare tutto. Sono stati anni bellissimi".

Gli anni di adesso, invece, come li vede? Cosa ne pensa del nuovo cantautorato italiano?

"Il cantautorato italiano di adesso non so quale sia davvero. Vorrei che chi scrive brani, scrivesse cose più importanti. Che non parlasse solo di amore o di sè, ma anche del mondo e degli altri. Come diceva Moretti, “Le parole sono importanti“ e sono sicura che, se ogni epoca ha la sua musica e le sue parole, queste riusciranno a venir fuori ancora una volta".

Di suo, invece, uscirà qualcosa?

"Un album jazz per Egea Musica, Almost Blue, come il brano di Elvis Costello, che uscirà a giugno o a settembre. Inoltre, concluderemo la rassegna D’Altro canto alla Fioreria a Querceta, e terrò lì una masterclass. Sto mettendo, dunque, anche delle radici culturali, di espressione artistica, qua. E quando smetterò di girovagare come una vagabonda, potrò finalmente posare le mie ali. Penso, a volte, che questa mia vita, a Viareggio, sia qualcosa di vicino alla reincarnazione"

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