
La Prima Estate non si scorda più "È il festival del “presobenismo“"
di Martina Del Chicca
Sarà, per sempre, “La Prima Estate“. Anche tra tre, dieci, cinquant’anni. Perché "La Prima Estate evoca qualcosa di romantico, di sfuggevole ma indimenticabile: la prima estate dopo la maturità, la prima estate con il primo amore, la prima estate in viaggio...". Una storia che si ripete, generazione dopo generazione, eppure è sempre nuova. Ed è questo lo spirito di un Festival nato con l’ambizione di essere altro (e cosa lo scoprirete leggendo fino all’ultima riga). "Essere comunque un luogo in cui tornare ogni anno, e dove stare bene ogni volta. Come la prima volta" spiega Enrico D’Alessandro, che per la D’Alessandro e Galli cura il progetto di Bussoladomani. Progetto che, nella seconda edizione, ha raddoppiato i numeri della prima Prima Estate, con oltre 35mila presenze, senza contare i 18mila spettatori del concerto a sorpresa di Lana Del Rey.
Enrico, ve lo aspettavate?
"La Prima Estate è stata pensata come un progetto a lungo termine, con l’obiettivo di fare ogni anno un passo avanti. E, forse, quest’anno il passo è stato più grande di quanto immaginavamo. La risonanza mediatica è stata internazionale, il sostegno dei media partners e degli sponsor davvero importante. Siamo riusciti a dare al progetto un’identità già definita e riconoscibile, e questo è il riconoscimento più complesso da costruire".
E per “La Prima Estate“ che verrà cosa immaginate?
"Adesso speriamo e pensiamo che sarà un più facile convincere gli artisti a scegliere Lido di Camaiore, piuttosto che metropoli come Roma o Milano. Il nostro obiettivo resta presentare sul palco de “La prima estate“ esclusive nazionali. Come è stato per Jamoriquai o per il concerto a sorpresa di Lana Del Rey".
I Jamiroquai fanno pochissimi concerti, come li avete convinti?
"Con il mare (ride, ndr). Anche quando vennero a suonare al Lucca Summer Festival scelsero di soggiornare a Viareggio, e si trovarono benissimo".
E con Lana Del Rey?
"Aveva dieci giorni liberi e cercava spazi in Europa dove fare dei concerti a sorpresa. Quando il suo agente ci ha chiamati (era la mattina del concerto dei Jamiroquai) gli abbiamo proposto Bussoladomani, e gli abbiamo spiegato la filosofia del festival. Dopo mezz’ora ci ha risposto. Così Lido di Camaiore è entrata nel tour insieme agli eventi speciali di Parigi, Dublino e Amsterdam".
Cosa significa, per voi, riportare la grande musica nel tempio di Bussoladomani?
"È un’emozione, una responsabilità e uno stimolo grandissimo. Perché qui grazie a Sergio Bernardini è stata scritta la storia, e qui, con Bernardini, ha cominciato la sua carriera anche Mimmo (D’Alessandro, fondato con Galli della “D’Alessandro&Galli e padre di Enrico). Perché qui si è immaginato senza confini, ed è questo che vorremmo fare. Dare una svolta alla storia, senza stravolgerla. Immaginare una Versilia dove si percepisce “Il sapore di mare“, ma dove si rispira la contemporaneità".
Cosa manca, se ancora manca qualcosa, per fare un altro passo in avanti?
"Sicuramente la Versilia ha bisogno di migliorare, implementare, il sistema dei trasporti. Non è facile arrivare qui. Quest’anno abbiamo stipulato una convenzione con Autolinee Toscane e con i tassisti che hanno fatto da shuttle dalla stazione al parco di Bussoladomani, ma credo che si possa fare di più. E poi è necessario superare alcuni dogmi dell’accoglienza. Pensa che per la data dei Jamiroquai ci sono stati tre stelle che hanno messo camere in vendita a 700 o 800 euro. Ci sono stati artisti che non riuscivano a trovare una stanza in cui alloggiare perché veniva richiesto un minimo di tre giorni di pernottamento. Credo che serva un cambio di mentalità, ovviamente non parlo di tutti gli albergatori"
Qual è stato il momento più bello, per te?
"La notte di Bon Iver è stata magica. Con tutte quelle persone sdraiate sugli asciugamani, nel parco, perse nella musica. Lo speaker di radio Capital, Massimo Oldani, quella sera mi ha detto: “Stasera c’è un alto livello di presobenismo“. Ecco credo questo neologismo, questa sensazione, sia proprio quella della Prima estate".
Il Festival del “presobenismo“.