REDAZIONE VIAREGGIO

La ’Pavona’ contro le discriminazioni

Volpi si candida al consiglio comunale con il nome d’arte da Drag Queen: "Non voglio nascondere chi sono".

Qualche anno fa, un vicesindaco decise di cambiare sesso. Poco dopo, un consigliere comunale fece coming out. Ma al di là di questi singoli, personali episodi, il mondo Lgbt non è mai entrato ufficialmente nel discorso pubblico. Almeno fino a oggi: tra i candidati al consiglio comunale di ’Viareggio a Sinistra’, la lista che sostiene Roberto Balatri, c’è Marco Volpi, 28enne viareggino che ha deciso di presentarsi con il suo nome d’arte da drag queen: sulla scheda elettorale, ci sarà scritto ’Volpi Marco detto La Pavona’.

Marco, come è maturata la sua scelta di candidarsi come ’La Pavona’?

"Non si deve nascondere quello che siamo. Essere una drag queen è un divertimento, ma fa anche parte di me. Bisogna vivere la propria natura a tutto tondo e sotto ogni aspetto, senza relegarla a determinati contesti. E poi, in questo momento c’è necessità di uscire allo scoperto: ci sono troppi casi di omofobia o transfobia, c’è una legge in fase di approvazione (il ddl Zan-Scalfarotto; ndr) e bisogna stringersi attorno a questi temi".

Come valuta il momento presente per la comunità Lgbt? Sono stati fatti dei passi in avanti?

"In parte sì, ma continua a mancare un’educazione di base che sensibilizzi verso ciò che appare diverso, ma che in realtà non lo è. Qua non si parla solo di gay o trans, ma anche di donne o persone di colore. Non c’è la giusta percezione della gravità di certi comportamenti discriminatori, quindi delle norme giuridiche sono fondamentali. Ma allo stesso tempo, bisogna educare alla normalità. Perché riconoscere delle differenze dove non ci sono? Siamo tutti uguali e tutti liberi di vivere: le differenze tra noi sono soltanto sfumature. In questo senso, una persona che si candida come drag queen non deve apparire meno seria: noi drag siamo il simbolo della lotta per i diritti civili".

Lei ha mai vissuto episodi di discriminazione sulla sua pelle?

"Non in modo grave. Ma a volte, quando passeggio per strada, mi gridano dal finestrino parole irripetibili. E a scuola, qualche volta, ma solo alle medie".

Come riesce a gestire questi momenti?

"Imbarazzano. E a volte c’è anche un po’ di paura, specie per chi è all’inizio del percorso di scoperta di se stesso. E’ uno dei motivi per cui servono delle tutele: bisogna capire che non si è sbagliati. Di sbagliato ci sono i comportamenti discriminatori e spesso, purtroppo, le soluzioni che si adottano per non sentirsi sbagliati, come forzare se stessi o, nei casi peggiori, pensare al suicidio".

Che emozioni prova a portare avanti questa campagna?

"Ne sono orgoglioso e soprattutto mi sento me stesso. So di essere solo un piccolo ingranaggio in questa lotta, ma spero di poter aiutare gli altri a stare meglio".

Daniele Mannocchi