
Il faccia a faccia tra i familiari delle vittime della strage e l’ex Ad di Ferrovie Moretti
Trentadue persone morte bruciate. A distanza di 16 anni Viareggio ha ancora negli occhi la disperazione, la tragedia, l’orrore di quella notte. Trentadue vite spazzate via in un attimo. Insieme a quelle di altrettante famiglie. Chi ha perso un figlio, chi un genitore, chi un fratello. Persone care che non ci sono più. Viareggio si prepara ancora una volta a celebrare il ricordo di quella notte. E lo fa quest’anno avendo in tasca buona parte della verità processuale. Lo scorso 27 maggio, infatti, i giudici dell’Appello Ter di Firenze hanno messo quasi definitivamente – manca l’ultimo passaggio in Cassazione – la parola fine sul lungo e tribolato iter processuale.
Tutte confermate le pene inflitte ai 13 condannati, altrettanti amministratori delle Ferrovie dello Stato e delle altre società italiane e straniere coinvolte. La giustizia ha sparato alto: non ha colpito un tecnico o un operaio, ma i vertici apicali delle aziende coinvolte a vario titolo, colpevoli di non aver garantito che la circolazione di un treno merci che trasportava materiale pericoloso come il gpl avvenisse in sicurezza.
Il primo e il più illustre condannato è l’ingegner Mauro Moretti, all’epoca dei fatti, plenipotenziario delle Ferrovie dello Stato. Che dovrà scontare cinque anni. Oltre a lui pene confermate per Michele Elia, ex amministratore delegato di Rfi (4 anni e 2 mesi), Mario Castaldo, ex amministratore divisione Cargo Trenitalia (4 anni). E via via confermate tutte le condanne anche agli altri amministratori delegati italiani e tedeschi. Insomma per la giustizia italiana l’incidente non fu determinato dal caso, ma ebbe delle precise responsabilità ai vertici aziendali. Adesso siamo in attesa che i giudici dell’Appello Ter motivino la loro sentenza (si sono presi 90 giorni di tempo), dopo di che gli avvocati degli imputati, così come hanno annunciato, potranno fare ricorso in Cassazione. Tempo che si aggiunge al tempo. Ma la verità processuale è emersa in tutta chiarezza, anche se, cammin facendo, alcuni reati si sono perso per strada per sopraggiunta prescrizioni e altre aggravanti, fra tutte l’incidente sul lavoro, sono state cancellate con un colpo di spugna dalla Cassazione.
Ma nonostante questo la strage di Viareggio, sul fronte giudiziario, ha aperto una breccia importante. Diversi giudici in diversi gradi hanno condiviso e sposato la tesi che la strage del 29 giugno poteva essere evitata se fossero state messe in atto una serie di precauzioni e di azioni a mitigare il rischio. E 32 persone sarebbero ancora vive. Con le loro storie, i loro affetti, i loro amori.