Risotto seppie e bieta patrimonio Unesco come dicono i darsenotti? Chissà. Di sicuro, la ricetta è un patrimonio immateriale da conservare. In attesa che l’agenzia dell’Onu ci metta le mani, il compito di tramandare l’antica scienza del piatto più amato del Baccanale ricade sul cuoco Vincenzo Biagi, da 36 anni "boss" – parole sue – delle cucine di via Coppino. Vincenzo guida una rodata squadra di cinque persone: sono loro le colonne portanti delle cucine a cielo aperto più grandi d’Italia. Ogni mattina mettono sul fuoco i pentoloni e si armano di grembiuli, cappelli e ramaioli di legno, rimestando brodi, salse e sughi per le migliaia di persone che ogni sera affollano via Coppino. Vincenzo si occupa personalmente delle seppie in zimino e delle basi. Assieme a lui ci sono i fratelli Giannecchini, Mauro e Luigi, maestri del risotto che ogni sera va a ruba. ’Capello’ – all’anagrafe sarebbe Simone, ma a Viareggio nomi e "nomicchiori" vanno per la maggiore, soprattutto a Carnevale – ha preso in mano i tordelli al ragù di polpa, l’ultima innovazione creata dallo chef Cristiano Tomei in occasione dei 50 anni del Rione. E poi c’è Daniele, alle penne.
"Anno dopo anno, cerchiamo di mantenere viva la nostra tradizione – racconta il grande capo Vincenzo –; per il risotto seppie e bieta, il nostro cavallo di battaglia, manteniamo la ricetta originaria portata da Elvo Simonini negli anni Settanta, al tempo del Fedeli e di Sergio Pertici. Piccole innovazioni o modifiche ci sono solo di tanto in tanto, soprattutto in base all’andamento del mercato del pesce".
DanMan