
Il decalogo della sicurezza in mare "La regola base è fare prevenzione"
di Daniele
Mannocchi
Il colore dominante è il rosso. Compare un po’ ovunque: è rossa la bandiera che sventola sul pennone; è rossa la maglietta del tipo col cappellino e il fischietto che fa avanti e indietro sulla battigia. E rosse sono le bandierine piantate nell’acqua, a pochi passi dalla riva. Il "tipo" di prima le indica: saranno a una ventina di metri l’una dall’altra: "Vedete qualcuno che entra in acqua da lì?". No. In effetti, i tanti bagnanti che si stanno godendo un rinfresco a pochi minuti dal mezzogiorno sono tutti raccolti in un’area ben precisa: l’onda che frange rivela l’acqua bassa, la secca scherma dalle correnti che, invece, partono a serpeggiare dove inizia uno degli affluenti del collo del canale.
Siamo al bagno Sorriso, a due passi dall’Orologio. Nel doppio ruolo di balneare e bagnino c’è Tommaso Pardini, via di mezzo tra la vecchia scuola del salvamento viareggino e la nuova generazione. È con lui che facciamo un punto sulla sicurezza delle spiagge versiliesi, all’indomani del doppio annegamento di domenica a Marina di Vecchiano, dove il mare si è portato via un 39enne polacco e un 48enne fiorentino.
Pardini, ha sentito dei due annegati del fine settimana?
"Purtroppo sì. Sono notizie strazianti che non vorremmo mai leggere".
In Versilia si può fruire il mare sia negli stabilimenti che alla spiaggia libera della Lecciona. Come siamo messi?
"Gli standard qua da noi sono sempre stati altissimi. Però si può sempre fare di più e di meglio, e comunque alla spiaggia libera le cose potrebbero essere gestite in modo diverso".
Partiamo dalle spiagge attrezzate.
"Il 90 per cento della nostra attività dev’essere di prevenzione. Poi è chiaro che quando arriva il pericolo siamo pronti a uscire. Ma informare, spiegare, parlare sempre con i clienti sono requisiti fondamentali. Qua a due passi abbiamo un canale pericolosissimo: non c’è una persona che stia facendo il bagno in quel tratto".
Prevenire è sempre meglio che curare...
"Ho pure messo un cartello in due lingue che spiega cosa fare quando si finisce in una corrente di risacca. Perché la costa non è piena di questi pannelli informativi? Perché non vengono messi anche alla spiaggia libera, che è da sempre la meta di tanti turisti stranieri che non conoscono il nostro mare? La costa sabbiosa è infida perché induce una falsa sensazione di tranquillità. Ma a volte basta fare due passi per trovarsi in una buca di due metri, e se non la sai gestire è un problema".
Meglio non finirci, quindi. Ma se succede?
"I bambini a volte ce li portiamo, per spiegargli fin da piccoli come muoversi. Se invece è un pericolante ad andare nella buca, ci siamo noi. Ci alleniamo a nuotare, a uscire in patino, e anche se non tutti sanno fare a usarla, ora c’è pure la rescue board che ha tanti vantaggi: ci vuole la metà del tempo a metterla in mare e ti consente di andare da solo, mentre col patino è sempre buona regola essere in due. Poi, per carità, di fronte all’emergenza si fa tutto. E poi la nostra spiaggia è sorvegliatissima: prima le isole erano di 90 metri, ora le hanno portate a 70. Ma nei giorni di piena, siamo in tanti a salire in cima al mare anche se non siamo di turno. Ci si aiuta, si fa presidio".
E alla spiaggia libera?
"Alla Lecciona sono tre chilometri di spiaggia pericolosa e piena di turisti che spesso sono impreparati al nostro mare. Fermo restando che io metterei almeno sei torrette con sei squadre di bagnini... ma se proprio non si può, almeno la prevenzione: cartelli, bandiere rosse quando il mare è pericoloso. E poi, per i casi estremi, un paio di baywatch e un rullo con 200 metri di sagola, oltre al Dae".
Quest’anno ci saranno due squadre di vigili del fuoco con la moto d’acqua.
"Sono contento. Ma i cartelli e le bandiere si possono mettere lo stesso".