
Sono stati condannati per truffa i tre soggetti accusati di esseresi spacciati per intermediari di un’importante vendita, con l’obiettivo di godersi una vacanza “a scrocco“ in una villa sul mare a Marina di Pietrasanta, serviti e reveriti, letteralmente. Sul banco degli imputati: Nicola Calderini, 40 anni di Piombino, Marco Laureti, 48enne di Roma, e Alessandro Tozzi, 51enne di Viareggio. La storia, degna di una commedia all’italiana, risale a qualche anno fa, ma la sentenza è fresca. Il giudice, il dottor Gianluca Massaro, ha deciso di condannare ad un anno Calderini, indicato come il principale protagonista della truffa, e gli altri due, Laureti e Tozzi, rispettivamente a 9 e 6 mesi, con pena sospesa. Ma facciamo un passo indietro.
Il processo si riferisce a fatti accaduti nell’agosto 2016. I tre soggetti in questione, secondo l’accusa, si sono presentati come gli intermediari di un facoltoso emiro arabo interessato ad acquistare una villa al mare per la figlia.
Una volta visitata la lussuosa dimora, dotata di vari comfort e anche di personale di servizio, il cui prezzo era intorno ai 3 milioni di euro, avevano chiesto di poterla “provare“ per essere certi della qualità del prodotto, in attesa dell’arrivo del diretto interessato. Una richiesta che poteva effettivamente suonare strana, ma che impacchettata a dovere, ovvero giustificandola come necessaria ai fini della vendita, aveva effettivamente fatto breccia nel muro della diffidenza. Sul tavolo, come garanzia, una caparra considerevole: un assegno da un milione di euro (che si sarebbe poi rivelato solo uno specchio per le allodole). Questo aveva aperto loro le porte della villa e il suddetto periodo di prova, durato circa un mese, aveva le caratteristiche di una vera e propria vacanza estiva, con tanto di feste e momenti di convivialità. Tutto rigorosamente gratuito.
Il test però, in attesa dell’arrivo del presunto emiro, rischiava di andare troppo per le lunghe. I contatti si sono quindi interrotti prima di perfezionare la vendita. Secondo il giudice Massaro è stata una truffa a tutti gli effetti, ma è molto probabile che, una volta note le motivazioni della sentenza, il processo continui in appello.
Teresa Scarcella