REDAZIONE VIAREGGIO

"E’ stato un incubo lungo 50 giorni"

Riccardo Corredi ha sconfitto il virus: "Ma ho visto morire anche una giovane, e anch’io aspettavo la fine"

"Immobile nel letto guardavo fisso la lancetta dell’orologio sulla parete del reparto. E seguivo il movimento dei secondi che mi avvicinavano alla morte". Riccardo Porciani, conosciutissimo come Riccardo Corredi, 69 anni, dopo 50 giorni di ricovero all’Ospedale Versilia e un quadro clinico appeso a un filo, è guarito dal covid. "Ad aiutarmi sono state le preghiere, la professionalità e umanità dello staff medico e para medico e il mio grande attaccamento alla vita" confida con la voce ancora compromessa dalla convalescenza. Lui, l’esuberante e mediatico imprenditore del materasso, si è trovato catapultato nel dolore "e mi sono accorto che potevo morire quel giorno che in terapia intensiva attorno a me c’erano 4 persone decedute, tra cui una giovane che fino al giorno prima parlava". Adesso trasfermerà la sua esperienza in insegnamento: il 24 luglio, su richiesta del presidente della Fondazione Versiliana, Alfredo Benedetti, sarà ospite al Caffè mentre a metà agosto racconterà la sua storia nel salotto di via Versilia a Tonfano.

Un dramma che inizia il 19 marzo quando Riccardo risulta positivo al covid e cerca di superare a casa quella febbre con difficoltà respiratorie. Il 25 marzo la situazione precipita e il dottor Daniele Taccola gli dice di ricoverarsi immediatamente. "In un attimo la mia esistenza è stata stravolta – racconta seduto alla scrivania del suo negozio – sono stato trasferito in terapia intensiva, sedato, intubato e seguito passo passo dal responsabile di rianimazione dottor Ettore Melai che è sempre rimasto in contatto con mia moglie Alessandra. Dopo quattro giorni sono stato stubato ma la situazione si è rivelata nuovamente critica e i medici mi hanno intubato per la seconda volta. Mi hanno anche sottoposto a tracheotomia. Ricordo gli infermieri dal volto coperto dalle protezioni che mi osservavano a vista. Piano piano mi sono risvegliato ma avevo completamente perso la voce: purtroppo una cannula mi ha provocato la paralisi di una corda vocale. Avevo una gran sete e non sapevo come fare a chiedere dell’acqua. In terapia intensiva ho pensato davvero di non farcela: ho contato le persone nei letti vicino a me. Cinque erano vive e quattro erano morte. Ma i dottori mi dicevano: ’Forza Riccardo, sei un toro’".

Poi lo spostamento nel reparto alta intensità, monitorato dallo pneumologo Gerardo Palmiero.

"Il 6 maggio sono tornato a casa e ho pianto nel rivedere mia moglie – spiega commosso Riccardo Corredi – ma la riabilitazione è stata lunga. Ero in carrozzina e mi sono affidato ai fisioterapisti Antonio Viti e Gabriele Barsotti che mi hanno rimesso in piedi in 15 giorni; la logopedista Rossella invece continua ad aiutarmi a recuperare la voce. Un ringraziamento anche a loro, all’Usca nella persona del dottor Federico Spezia e dell’infermiere Paolo Vita e della caposala Serenella Navari. Prezioso anche il supporto della Croce Bianca di Querceta che invito tutti a sostenere".

Cosa resta dunque di questa terribile esperienza? "Vorrei essere il testimonial di un’importante presa di coscienza – conclude Riccardo Corredi – per invitare le persone a non abbassare la guardia. Non credete mai che il covid sia una semplice influenza, ritrovarsi intubati e sedati è un attimo. Portate la mascherina anche in estate e rispettate le distanze, il vaccino è importante ma le varianti del virus restano insidiose. Io sono stato fortunato e voglio raccontare la mia sofferenza anche per dar senso al dolore di chi, purtroppo, non ce l’ha fatta"

Francesca Navari