
È scomparso Di Giorgio. Nelle sue opere d’arte i colori dell’accoglienza e dell’inclusione sociale
Dipingere e raccontare l’anima con tavolozza e pennelli e farlo guardando cielo e mare nella mansarda, atelier dell’arte, nel cuore cittadino, in via Sant’Andrea, a due passi dal mercato. Raccontare nei quadri la quotidianità, ma andare oltre la cronaca per anticipare la storia immaginando i volti dei “suoi“ migranti in tempi lontani dall’attualità. L’arte come inclusione, la pittura come vita stessa dell’artista, racconto e memoria senza sentirsi protagonista, ma con umiltà e stando lontano dalla ribalta dei palcoscenici. Sono il significato e il messaggio che Giorgio Di Giorgio lascia in eredità alla famiglia: la moglie e compagna di vita, Giovanna, i figli Francesca e Francesco, il nipote Luca. L’artista ha anche una famiglia ideale: Viareggio, la sua città e una altra famiglia, quella dell’arte, lui che è nato in una famiglia di artisti: il nonno Ettore, incisore del Novecento, il padre Leonardo non poteva che tenere vivo quel filo , quella sorta di DNA genetico scoperto da bambino e e che lo ha accompagnato ogni giorno. I suoi dipinti hanno ampliato l’orizzonte locale attraverso le mostre, l’ultima in ordine di tempo “Colore“ la personale promossa da Fondazione Livorno, con partner QN La Nazione che dal 10 febbraio al 10 marzo ha superato i 1500 visitatori. E le donazioni della famiglia, senza clamore, al Vaticano, un Crocifisso, alla Fondazione Livorno, la Darsena, al Museo Diocesano di Livorno “Costiera“ e molte opere in collezioni private. Una vita dedicata all’arte come linguaggio esclusivo: lo studio è stato un cenacolo, un luogo dove tutti si sentivano “uguali“ nella generosità dei suoi insegnamenti. Lo sguardo di Di Giorgio resta nel tempo: è nelle opere, nei racconti, nelle testimonianze di chi lo ha conosciuto, nei sorrisi che ha donato agli ultimi, a quella parte di umanità che spesso siamo pronti a giudicare senza capire e andare oltre. Usciva di casa la mattina in bicicletta e lungo il tratto verso lo studio donava un pasto a chi ha scelto la strada. Un pasto e un sorriso quello stesso sorriso con il quale dipingeva. Arte e impegno sociale inteso come inclusione: l’impegno alla Crea, cooperativa sociale, racconta il percorso, di condivisione e accoglienza, i binari sui quali scorre il messaggio dell’artista. Oltre il tempo.