ISABELLA PIACERI
Cronaca

Muore a 16 anni. Gli amici: "Faceva cose straordinarie. Aveva un talento unico"

Il ricordo degli amici e degli istruttori di nuoto del sedicenne morto in motorino

Dario D’Alessandro

Capezzano Lucca), 27 dicembre 2019 - Dario D’Alessandro era un mito: un giovane fiore di loto, morto troppo presto. Sedici anni, un motorino conteso e il Camel ponce del 24 dicembre: Dario tornava a casa dalla consueta festa della vigilia a Pietrasanta e, lungo la strada dritta per Capezzano Pianore, ha incontrato il suo destino. Ritornava indietro, a bordo del motore del padre, di notte, col vento in faccia, ignaro del futuro. Era rientrato e poi uscito di nuovo. Il talento speciale, mostrato nel suo elemento naturale, l’acqua, non l’ha salvato dalla sorte maledetta mista di asfalto e muro, che ha stroncato la sua giovane vita sconfinandola in un’altra dimensione, lontano anni luce dalla veloce pinna con cui conquistava tutte le gare in piscina.

E chissà se da lassù, muscoloso e ribelle qual era, ci vede e ci rimpiange. I genitori disperati, increduli, affranti dal dolore. Un talento, un ragazzino difficile perché vivace, complesso, ma buono, solidale: chi non affronta l’esistenza, l’adolescenza in modo sereno, forse comprende meglio i disagi fisici perché sa cosa significa l’inquietudine. Aveva infatti interrotto il percorso di studi superiori per dedicarsi al nuoto come istruttore nel mondo della disabilità: faceva parte del progetto ‘Fiori di loto’, presentato un anno fa dai Comuni di Camaiore e Massarosa a sostegno appunto dei disabili e con loro era dolcissimo.

«Abbiamo avuto a che fare con un bambino autistico... un bimbo difficile.. Tutto quanti noi istruttori (quelli del Kama Sub di Camaiore di cui faceva parte Dario) abbiamo provato in tutti i modi per farlo entrare in acqua.. Niente da fare.. Urlava picchiava.. Non ne voleva sapere.. Un giorno Dario con la sua naturalezza lo ha preso per la mano e lo ha portato in acqua. Da quel giorno voleva solo lui. Questo era Dario. Faceva cose straordinarie con un talento fuori dal comune".

Capelli rasati e braccia folli, che sfidano le corsie limpide: la mamma Diana di origini albanesi, e il padre agricoltore della piana, i compagni di squadra, l’allenatore, gli amici per divertirsi. Poi l’ammirazione che si divide tra sport e piglio vitale: "Dario è un fuoriclasse: anche se non segue un regime di vita regolare, vince".

Questo il succo del giudizio dei compagni, di Massimo, di altri, un pensiero quasi teneramente invidioso verso chi nasce con un dono che ti si appiccica, non ti molla, anche se sei sprezzante, perché comunque vinci. Il regime corretto di cibo e ritmi non faceva per lui: era un ragazzo di oggi, pregi e difetti. George Best nel calcio, Maradona, quelli che non hanno mezze misure sono, proprio per questo, stelle danzanti. Certamente per i genitori gli eccessi dei ragazzi, le ansie sono preoccupazioni, ma alla sua età è normale e un figlio è quanto di più prezioso possa esserci con qualunque carattere e dote nasca: perderlo è semplicemente folle.

E così, Dario il pinnato, si staglia sull’orizzonte dei miti, di coloro che muoiono troppo presto tanto da divenire immortali nel ricordo. Capezzano è affranta, in preda alla disperazione nonostante il Natale, trasformato in un improbabile ossimoro: la strada ora ha un altro cupo significato, si è inghiottita un atleta. "Non si può morire a 16 anni", il coro della comunità. Lassù un angelo nuota, sorride, danza e vince. Alza la coppa come in agosto, in Egitto, sotto il sole, dopo l’ultimo tuffo, quello fatale. © RIPRODUZIONE RISERVATA