Nel 2004 il Festival Puccini viveva ancora la fantastica stagione di "Scolpire l’opera" e presentò l’immaginifica Turandot con la regia di Daniele Deplano, le scene di Pietro Cascella e i costumi di Cordelia von den Steinen ispirati dall’esercito di terracotta. Turandot, esplicitamente, si svolge "al tempo delle favole" e, pur situata nella Cina imperiale, può lecitamente essere immaginata ovunque, senza conflitti col libretto, purché si rimanga appunto in un clima favoloso. Ma nel 2005, per la ripresa, Deplano ebbe un’idea resa possibile dal fisico statuario della soprano Francesca Patané: una donna poer cui si poteva veramente perdere la testa. Nel primo atto quando Turandot manda a morte il principe di Persia, Patanè fece la sua apparizione a seno scoperto, avvolta in una pudica luce flou resa coi riflettori puntati su una barriera di tulle davanti a lei. L’annuncio del nudo lirico ebbe un gran battage pubblicitario e tanti spettatori mai andati a teatro vennero a Torre del Lago per vedere la scena. Una prima volta per la lirica, quando nella prosa il primo seno nudo risaliva a Paola Borboni nel 1925: fu uno scandalo tremendo. Al confronto, il reggiseno della Bohème è più pudico del famoso spogliarello che fece Delia Scala nei panni della casalinga coi guanti di gomma per lavare i piatti. Ma una volta, a parte Maria Callas dopo la dieta, i soprani erano spesso matrone romane. Oggi sono silfidi. "La voce viene dalla gola e dal diaframma – disse Patané – non dalla pancia".
CronacaDa Paola Borboni all’algida Principessa Patané