BEPPE NELLI
Cronaca

Ciambella di salvataggio dalla Corte europea

Le associazioni balneari pronte a presentare ricorsi contro le aste basati sulle sentenze di Bruxelles relative alle proprietà di superficie

di Beppe Nelli

Davvero ci saranno le aste dei bagni nel 2024? Nel suo piccolo, basta vedere la storia di Viareggio (dal Capitolato della Passeggiata al project financing di piazza Cavour) per rendersi conto che un’associazione organizzata può allungare gli effetti di una legge e di un regolamento a colpi di ricorsi infiniti. Ed è quello che si preparano a fare le associazioni balneari di tutta Italia, non appena la legge (di cui finora il Governo Draghi ha approvato semplicemente una bozza) sarà uscita indenne dal doppio voto parlamentare. Sempre che la legge (con delega al Governo per il riordino delle concessioni turistiche marittime) venga approvata.

"Magari il Governo cade prima", ha gufato in questi giorni un balneare storico come Foffo Martinelli. I difensori storici degli interessi dei concessionari, equamente distribuiti tra tutti i partiti che hanno parlamentari nelle zone turistiche, preparano ricorsi anche originali, come quello annunciato da Fdi alla Corte costituzionale. I balneari viareggini invece sono pronti a lanciare il missile nel cuore nevralgico della Bolkestein.

Ma vediamo la bozza del governo, che al di là delle dichiarazioni roboanti si presta a giustificare tutto e il contrario di tutto. Se il testo entra nel Ddl Concorrenza, il Governo ha 6 mesi di tempo per varare le nuove norme per le concessioni (mare, laghi, fiumi) turistiche e di ormeggio. Questa normativa va concertata tra vari Ministeri e la Conferenza Stato Regioni. Va trovato l’equilibrio tra aree in concessione e aree libere (in Versilia?). Tra i principi c’è la parità di trattamento delle procedure selettive "da avviare con adeguato anticipo rispetto alla scadenza". Inizialmente era stabilito il limite dei 12 mesi precedenti, poi è stato cancellato. Sei mesi di legge delega, poi l’organizzazione, quindi i Comuni rivieraschi, sempre a caccia di voti, già dicono che non ce la faranno a gestire tutte insieme le pratiche.

La legge stabilirà di considerare investimenti fatti, "valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali, professionalità acquisita, valorizzazione di obiettivi di politica sociale", qualsiasi cosa questo voglia dire. E qui, quando la legge sarà in vigore, sono pronti i balneari che già si sono rivolti allo studio Morbidelli-Righi, sull’esempio di quanto stanno facendo anche i colleghi della Liguria. Già si lavora a un mega ricorso che potrebbe buttare all’aria la futura norma, o rinviarne l’applicazione sine die, partendo dal fatto che tante aziende avevano avviato nuovi investimenti basati sulla vecchia proroga delle concessioni al 2033 fissata con legge dello Stato: legge dello Stato, mica chiacchiere.

Gli avvocati stanno raccogliendo la giurisprudenza emanata con le sentenze della Corte di giustizia europea a tutela della proprietà. Ed è proprietà ciò che un balneare ha costruito sul demanio, con regolare licenza edilizia e proprietà superficiaria accatastata. Non dunque la sabbia, che è il bene demaniale dato in concessione e sul quale si paga il canone, che in realtà è quasi sempre irrisorio. Ma lo stabilimento balneare, sicuramente per quanto riguarda le strutture di "facile" rimozione (cabine di legno, vagoni direzione, bar e ristoranti, attrezzature sportive) e quelle di "non facile rimozione" come certe piscine, costruite prima di 30 anni e non ancora incamerate dall’erario). E’ vero, come ha sostenuto la senatrice Daniela Santanchè, che "del doman non v’è certezza". Ma con i mezzi legali di una lobby coesa e agguerrita come quella dei balneari, non c’è certezza nemmeno delle aste dei bagni. Che poi le banche, da quando esiste la Bolkestein, non accettino più il bagno quale garanzia di un mutuo per investimenti da fare nel bagno stesso, è un’altra storia.