GAIA PARRINI
Cronaca

Bagnini, allarme sulle nuove norme: “Così si ammazza la categoria”

Le nuove regole rischiano di allontanare i più giovani o di prepensionare i più esperti. Pezzini: “La prova di nuoto è giusta, ma è sbagliato richiedere performance uguali per tutti”

I bagnini si ritroveranno a febbraio in assemblea per discutere delle prospettive della loro occupazione

I bagnini si ritroveranno a febbraio in assemblea per discutere delle prospettive della loro occupazione

Viareggio, 28 gennaio 2025 – “È giusto che ci sia un rinnovo e un aggiornamento, ma con modalità diverse, viste da chi il lavoro lo fa per davvero”. Così, il presidente Massimiliano Pezzini a nome del direttivo della Lega dei bagnini della Versilia, esordisce sulle nuove norme necessarie del decreto 85 29 maggio 2024 per l’ottenimento e il rinnovamento del tesserino da bagnino. Un mestiere che lo stesso Pezzini, così come molti suoi colleghi, ha iniziato da giovanissimo, assimilando gli insegnamenti e la passione di chi, prima di lui, tra le onde e le spiagge, versiliese come viareggine, ha scelto di mettersi a disposizione dell’altro. Un lavoro messo in crisi, però, per moltissimi associazioni di categoria, dai provvedimenti sulla formazione, che prevedono, tra le altre, l’innalzamento dell’età minima dai precedenti 16 anni agli attuali 18 necessaria per svolgere il ruolo di assistente a 18 anni. “Pensiamo che sia giusto dare la possibilità di fare il bagnino dai 16 ai 18 anni, altrimenti non ci sarebbe un apprendistato che invoglia i giovani - racconta Pezzini, ripensando ai suoi, di 16 anni, quando, dopo tre anni di lavoro e sacrificio, effettuò il suo primo salvataggio in mare affiancato dai maestri più esperti - A 18 anni, invece, un ragazzo ha spesso preso altri indirizzi. È giusto il ritardo per una questione di responsabilità penali, ma il rischio è di allontanarli dal lavoro, escludendo, con queste norme, loro, e un’altra fascia di età, con un altro senso di responsabilità e di vedere il lavoro, quella di chi ha oltre 50 anni”.

Così come, tra le novità, c’è l’introduzione dell’obbligo di possesso di un certificato di abilitazione emesso solo dal Coni e dalla Fin, decretato con prove fisiche, di nuoto cronometrato, da ripetere ogni cinque anni per poter continuare a esercitare la professione. “Il fatto di mettere delle prove di nuoto è giusto, perché tanti non si allenano, ma è il criterio con cui è stato proposto che riteniamo sbagliato. Andrebbero mutate in base alla persona, non può essere uguale per tutti, senza distinzione anagrafica e di genere. Riteniamo inoltre che andrebbe fatto tutti gli anni, e non ogni 5, con un certificato medico sportivo agonistico, perché si parla di salvataggi, non di gare” conclude Massimiliano Pezzini, che il 17 febbraio sarà a Villa Bertelli, con il referente della Salvamento Genova, per un’assemblea proprio sul decreto ministeriale e la scarsità delle risorse aggravata dai possibili rischi penali e dalla remunerazione spesso insufficiente. Un provvedimento, appunto, contrastato da molti, così come, all’opposto, accolto e approvato da altri che, sulle stesse spiagge, hanno lavorato per una vita.

“Se si parla di sicurezza del salvamento e di professionalità nel lavoro, il bagnino deve essere in grado di eseguire i propri compiti al meglio: saper nuotare, guidare il pattino, e molto di più - specifica Mirco Ricci, che sul mare vive e lavora dal 1984 - Soprattutto se poi si rivendica sindacalmente una professionalità e un riscontro economico. Così come trovo giusto non dare il brevetto a 16 anni, perché imprudente. È un lavoro che ho fatto per passione e, dunque, è scocciante vedere persone impreparate, perché ce ne sono altrettante che invece hanno fatto di questa professione una storia di vita”.