Creatività e libero arbitrio antidoti contro la cancel culture

Il confronto a “Parole ad Arte” con Giuseppe Culicchia, Costanza Rizzacasa D’Orsogna e Luigi Mascheroni

Il pubblico presente alla rassegna "Parole ad Arte" in Piazza Duomo a Pietrasanta

Il pubblico presente alla rassegna "Parole ad Arte" in Piazza Duomo a Pietrasanta

Viareggio, giugno 2024 – Nel Paese dei creativi per eccellenza le mode andrebbero esportate. Invece, sovente, accade che vengano importate. Ora senza scomodare Freud o Jung, padri della psicanalisi, per comprendere le ragioni di questo inconscio senso di provincialismo che attanaglia gli abitanti del bel Paese, succede che appunto si rimanga affascinati dalle tendenze che germogliano e si sviluppano oltre Oceano. Senza, peraltro, comprenderne a fondo le motivazioni e il senso che esse hanno nel contesto in cui nascono. Tema e temi di cui abbiamo discusso, sabato sera, a Pietrasanta con Giuseppe Culicchia, Costanza Rizzacasa D’Orsogna e Luigi Mascheroni. Ne è testimonianza la confusione che si fa tra “cancel culture“, il “politically correct“, il “woke capitalism“, il “metoo“. Una sorta di frullatone in cui si mescolano fenomeni e argomenti tra loro assai diversi. E in questo mischiare in maniera incontrollata si finisce gettare «via il bambino con l’acqua sporca», avrebbero detto le nostre nonne. E quel che è peggio finendo, in realtà per omologarci, ad un pensiero unico che è il killer prediletto della creatività di cui siamo da sempre portatori sani. Succede così che, a Londra, dei moderni censori impediscano ai dei giovanissimi di assistere alla più famosa storia d’amore tra adolescenti, ovvero a “Romeo e Giulietta“. il tutto «perché non restassero turbati dal loro suicidio». Allo stesso modo suggeriva provocatoriamente, qualche giorno, fa Massimo Gramellini nel suo “Il Caffé“ sul Corriere della Sera dovremmo ’’cancellare“ don Rodrigo (antesignano di un moderno stalker) da “I Promessi sposi“. E potete aggiungere tutti i casi che sono accaduti negli ultimi anni e che hanno travolto i cartoni di Walt Disney o le fiabe della nostra infanzia. In realtà dietro a tutto questo c’è una ’’battaglia’’ politica di rimozione che appartiene ora ad una parte (progressista) ora ad un’altra (conservatrice). Un fenomeno non nuovo, a dir la verità. La storia antica è piena di sovrani scalpellati via per cancellarne il ricordo. Basti pensare ad Akenaton il faraone eretico (di lui hanno cancellato non sono il nome ma l’intera capitale dell’impero). Ma, a differenza del passato, oggi i social amplificando oltre modo il fenomeno finiscono per trasformare magari legittimi metodi per denunciare abusi e discriminazioni in forme di bullismo di massa. Ecco perché, forse, anziché ’’cancellare’’ indiscriminatamente occorre investire nella formazione affinché le giovani generazioni siano allenate ad un pensiero critico che aiuti a discernere (verrebbe da dire dal “dividere il grano dalla zizzania“) in maniera autonoma e consapevole. Rispolverando, magari, quel concetto fondamentale del “libero arbitrio“. Che ci fa essere unici e proprio per questo non omologabili. A qualsiasi latitudine.