
La storia vetreria
Piegaro, 31 luglio 2019 - IN UNA MANO di poker sarebbe il momento di «andare a vedere» le carte. Nella partita sulla realizzazione del nuovo sito produttivo della Vetreria cooperativa piegarese l’intervista rilasciata ieri a La Nazione dal presidente Bruno Gallo sembra aver «scaricato» la responsabilità della scelta di andare a costruire in Friuli sulle «lungaggini» della burocrazia umbra. Forse una mossa astuta? Per premere sui permessi e tentare di imbonirsi i soci lavoratori che, motivati dal desiderio di mantenere quello che hanno costruito nella loro terra, preferirebbero che i promessi 100 nuovi posti di lavoro restassero in Valnestore insieme agli 80 milioni di investimento. E quindi dire «qui ci ostacolano, andiamo al nord per il bene dell’azienda» somiglierebbe ad una strategia per fare leva sul legittimo e insindacabile attaccamento dei soci-lavoratori alla fabbrica dei record (200 dipendenti e un utile da 20 milioni) che tanto benessere ha portato in Valle.
IL RISCHIO è che gli uni contro gli altri i cittadini si ritrovino a discutere sui temi ambientali ed economici quando in realtà l’investimento all’ex Cogolo dell’Aussa Corno in Friuli era già in cantiere da tempo. Difficile immaginare che la partecipazione ad un’asta per un’area ex industriale da qualche milione d’euro sia stata decisa in pochi mesi, quando in Umbria il progetto per il nuovo impianto è stato presentato solo a marzo 2019 nel momento in cui è partito il Procedimento approvazione unico regionale ‘Paur’ (che include ogni tipo di autorizzazione, comprese quelle comunali e ambientali). Fatto quello non si deve più mettere mano ‘ai permessi’ e, stando a Sandro Costantini, tecnico della Regione, «se tutto filasse liscio si potrebbe avere il via libera entro 4 mesi». Infine il nodo ambientale: il progetto presentato, secondo quanto riferito dai tecnici di Arpa e Regione, è sostanzialmente in linea con le tecnologie disponibili ma presenta aspetti che possono essere migliorati anche in base alle osservazioni presentate dai privati. Si parla di un impianto la cui tipologia è tra le più controllate in Umbria in base alle valutazioni di rischio (insieme alle acciaierie, alle discariche e agli inceneritori), e quello attuale in passato è già stato soggetto a sforamenti. Da qui la volontà popolare che tutto venga realizzato a regola d’arte: «semplicemente nel rispetto delle norme – spiegano i tecnici – che hanno dei tempi fissi, non discrezionali».
Tempistiche che lasciano quindi un margine di dubbio sulle intenzioni dell’azienda.