REDAZIONE UMBRIA

"Scandalo Gesenu, fu gestione mafiosa"

Processo “Spazzatura Connection“, la requisitoria del procuratore capo Cantone: "Spaccato gravissimo con connivenze istituzionali"

Una società come Gesenu, “meramente partecipata” dal pubblico al 45% ma “non controllata” avrebbe dovuto fare gli interessi della collettività. Dalle “indagini è invece emerso uno spaccato gravissimo di inquinamento ambientale: comportamenti riferibili più alle ecomafie che a una società pubblica”, resi possibili da “connivenze” istituzionali. Nell’auditorium del Capitini trasformato in un’aula di giustizia a causa dell’emergenza-Covid, le parole del procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, danno la sferzata finale all’udienza preliminare per ‘Spazzatura Connection’, ovvero l’indagine-scandalo sul traffico illecito dei rifiuti scoperto dai carabinieri forestali. Sedici gli imputati, a cominciare dal direttore plenipotenziario Giuseppe Sassaroli che avrebbe organizzato il maxi-traffico per far ottenere a Gest, Gesenu e Tsa profitti esorbitanti, sette le società coinvolte per cui il procuratore capo ha chiesto il rinvio a giudizio per associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, gestione illecita, inquinamento ambientale, falso in registri e in atto pubblico, frode in pubbliche forniture, truffa aggravata. Rimasto indenne dalle accuse l’allora proprietà rappresentata dal “famoso” Manlio Cerroni, il patron di Malagrotta al 45%, costretto a fare un passo indietro e a cedere Gesenu solo grazie all’interdittiva antimafia “emessa da un coraggioso prefetto di Perugia” (la dottoressa Antonella De Miro, ndr). Cantone lo dice chiaramente: “Ora la società ha cambiato gestione ma al processo vigileremo che il cambio sia stato effettivo”. A Perugia è la prima volta, in tanti anni, che un procuratore capo in persona si assume l’onere di svolgere la requisitoria, di un processo peraltro istruito dalla collega Valentina Manuali, ora alla procura generale della Cassazione. Un passato recentissimo in prima linea proprio all’anticorruzione (l’Anac di Cantone si occupò della prima fase amministrativa di Gesenu), il capo dell’Ufficio sottolinea il tentativo degli imputati di deviare le indagini, ricorrendo, in alcuni casi, anche a mezzucci, truffe che definisce “stile Totò”, come quando - ripercorre - gli imputati acquistarono il compost al supermercato per passare le analisi. I comportamenti più gravi - secondo la procura - sono gli sversamenti nell’impianto di Pietramelina. “Una gestione criminale” la bolla Cantone. “Non riuscivano a gestire 55 tonnellate di rifiuti e hanno chiesto l’autorizzazione per il doppio”. Ma anche a Ponte Rio Gesenu non era in grado di smaltire il Forsu e i rifiuti organici non venivano trattati. Cinquantanove in tutto i capi di imputazione: solo per i fratelli Ferdinando e Furio Baldini e la responsabile del laboratorio di analisi, Giosanna Pani, la procura rinuncia (per prescrizione) all’associazione per delinquere. Gli altri - Sassaroli, i dirigenti-dipendenti Giuliano Cecili, Roberto Damiano, Silvio Marano, Luciano Sisani, Luca Rotondi, il chimico del laboratorio Renato Presilla - rischiano l’accusa più grave. Imputati anche i dirigenti pubblici per omessa denuncia (Borislav Vujovic, il direttore di Arpa, Giovanna Saltalamacchia, e un dirigente della Regione Sandro Posati).

L’avvocato Corrado Canafoglia che assiste 320 residenti, il Comitato Iceneritore Zero, l’Unione nazionale dei consumatori e nove aziende ha depositato una costituzione che quantifica in 16 milioni di euro i danni da richiedere a imputati e aziende. In aula si è associato alle richieste della procura. Ma, più di ogni altra cosa, ha voluto sottolineare che l’innesco del procedimento sul traffico illecito di rifiuti è frutto di una battaglia portata avanti per 15 anni dai cittadini “per troppo tempo inascoltati dalle istituzioni”. “Se oggi siamo qui è anche grazie alla loro tenacia”. Si torna in aula il 21 per le difese (Brunelli, Peparello, Di Mario, Falcinelli, Minelli, Lazzari, Bromuri, Libori, Paganelli, Caforio, Corbucci, Cippiciani, Viti, Matarangolo, La Spina e Paganelli) poi il 28 la decisione del giudice Natalia Giubilei. Se sarà processo il tribunale dovrà correre per evitare che lo scandalo dei rifiuti finisca nell’oblio della prescrizione.