Rifiuti, scandalo Gesenu-Tsa La cifra da risarcire mette a rischio i bilanci

Secondo i giudici della Corte dei Conti sono 25 i milioni da restituire ai Comuni “truffati“. Dalla sentenza, i ruoli di ciascuno dei condannati.

Rifiuti, scandalo Gesenu-Tsa  La cifra da risarcire  mette a rischio i bilanci

Rifiuti, scandalo Gesenu-Tsa La cifra da risarcire mette a rischio i bilanci

di Michele Nucci

Venticinque milioni di euro sono una cifra “monstre“. E rischiano di incidere sui bilanci di Gesenu e Tsa che, insieme ad alcuni dirigenti delle due società, dovranno restituirli ai 24 Comuni che secondo i giudici della Corte dei Conti (nella foto in alto Rosa Francaviglia, alla guida della Procura contabile), sono stati truffati nella gestione dei rifiuti nei cinque anni dal 2010 al 2015. Ma che ruolo avrebbero avuto, secondo quanto sostiene la Corte contabile, i funzionari delle due società chiamati in causa? Giuseppe Sassaroli, definito anche il deus ex machina, "ha esercitato un ruolo fondamentale in tutta la complessa vicenda – si legge nella sentenza –, quale direttore tecnico e amministrativo di Gesenu dal 2014 a capo della Direzione operativa da cui dipendevano Pietramelina e Ponte Rio, nonché amministratore delegato e, dal 24 giugno 2014 consigliere della Tsa e, per di più, anche amministratore unico della Gest. Dalle indagini è risultata chiara la centralità della sua figura con amplissimi poteri di rappresentanza, gestionali e di spesa. Poteri che ha poi distorto a fini illeciti, ordendo un articolato sistema di illegalità". Poi c’era Luciano Sisani direttore di Tsa, nonché responsabile tecnico della discarica di Borgogiglione "ed ha eseguito le direttive del Sassaroli – scrive la Corte dei Conti -, ricevendo rifiuti non idonei, contribuendo all’illecito smaltimento del percolato e del suo concentrato fuori e dentro il corpo delle discariche". Altra figura chiamata in causa è Giuliano Cecili che è stato direttore gestionale responsabile degli impianti di Pietramelina e di Ponte Rio, sino al 13 ottobre 2013, data in cui è andato in pensione.

"Dalle indagini – riporta la sentenza – è risultato che ha eseguito le direttive del Sassaroli ricevendo rifiuti non idonei, ha concorso in discarica del compost non a norma, onde lucrare le retribuzioni contrattualmente pattuite per il trattamento omesso e simulato anche mediante false registrazioni documentali, ha contribuito all’illecito smaltimento del percolato". Roberto Damiano è stato il coordinatore della gestione degli impianti di Pietramelina e Ponte Rio dal maggio 2014 al settembre 2015, data dopo la quale è divenuto responsabile dell’impianto di Ponte Rio "prodigandosi – sostiene il presidente della sezione giurisdizionale dell’Umbria Piero Carlo Floreani - in combutta con Sassaroli per falsificare, mediante analisi artatamente realizzate, i certificati del compost, onde poterlo commercializzare e, a tal fine, ne ha curato anche la commistione con terriccio acquistato sul pubblico mercato". Luca Rotondi infine era il tecnico responsabile della gestione di Borgogiglione e "ha fattivamente cooperato – sostiene la Corte dei Conti – con il Sassaroli e con il direttore generale Sisani nel falsare i risultati delle analisi relative al funzionamento del bioreattore di Borgogiglione, onde consentirne il protrarsi del funzionamento, sebbene non fosse a norma".